Tempo Ordinario B – 31. Domenica
Le letture di questa domenica propongono il tema dell’amore come base di una vita di fede. Tutta la Bibbia fonda il suo messaggio sul fatto che Dio ha amato per primo gli israeliti, li ha liberati dalla schiavitù e ha fatto di loro il suo popolo. L’amore che Dio si aspetta da Israele non è quindi oggetto di un comandamento vero e proprio ma è l’espressione di un’esigenza interiore, quella di dimostrare a Dio la propria riconoscenza e di lasciarsi coinvolgere nel suo progetto di salvezza. Siccome questo progetto ha come scopo il bene di tutto il popolo, l’amore di Dio esige l’osservanza del decalogo e viene quindi a identificarsi con l’amore del prossimo.
Proponendo i due grandi comandamenti dell’amore, Gesù non ha inventato niente di nuovo, come risulta anche dalla risposta dello scriba, il quale sottolinea come l’amore verso Dio e verso il prossimo valga più di tutti i sacrifici. Tutte le pratiche rituali sono dunque relegate a un ruolo secondario: esse infatti hanno un senso solo nella misura in cui rappresentano un momento di incontro e di solidarietà fra persone diverse che imparano a scoprire Dio nei propri fratelli. Il pensare che queste pratiche siano imposte da Dio per se stesse, a prescindere dal rapporto interpersonale che si instaura tra coloro che vi partecipano, significa andare contro l’insegnamento non solo di Gesù ma anche di tutta la Bibbia. Inoltre Gesù sottolinea come l’amore verso Dio e verso il prossimo rappresenti la strada maestra che conduce al regno di Dio. L’amore implica l’adesione personale a un progetto che riguarda il bene di tutta l’umanità. Per questo nel Discorso della montagna Gesù prescrive anche l’amore dei nemici, cioè di coloro che non appartengono al proprio gruppo e alla propria religione.
La seconda lettura aiuta ad approfondire il senso dell’amore. In quanto sommo sacerdote, Gesù collega Dio con l’uomo. Rapportandosi a lui, noi incontriamo l’uomo in Dio e Dio nell’uomo. Dal rapporto con lui ha quindi origine la comunità, che è la casa di Dio, in cui i credenti imparano a interagire fra di loro e a testimoniare il vangelo a tutta la società.
Il comandamento dell’amore deve essere interpretato oggi a partire dalla situazione di questa umanità che si confronta con sfide enormi e globalizzate come la fame, la pandemia, le guerre, il terrorismo, i cambiamenti climatici, le migrazioni. In questa prospettiva è chiaro che Gesù non ci richiede di praticare dei riti religiosi e neppure di fare semplicemente delle opere buone ma di interessarci per la salvezza di questa umanità. Ciò esige che i credenti, come persone e come comunità, si impegnino, in ambito sociale, politico ed economico, per attuare una società più giusta e solidale. L’amore implica quindi un impegno che va ben al di là dell’ambito ristretto in cui si vive, nella ricerca di un bene che consiste non solo nella soddisfazione dei bisogni materiali di tutti ma anche nella fraternità e nella solidarietà a tutti i livelli.
La perfezione dell’amore
Non so se a persone colpite da gravi sciagure sia veramente possibile amare Dio. Se lui è veramente onnipotente e misericordioso, come mai non interviene per evitare ai suoi figli sofferenze tanto atroci? Ma qui sta il problema: che cosa vuol dire amare Dio? La lettura del Deuteronomio dice espressamente che amare Dio significa osservare i suoi comandamenti, perché in questo consiste il bene supremo, la felicità. Ma quali sono questi comandamenti? Dal contesto del brano riportato nella prima lettura risulta che si tratta del decalogo. Ora questo piccolo codice dice anzitutto che Dio ha liberato gli israeliti dalla schiavitù egiziana per farne un un popolo libero. A tal fine ha richiesto da loro di essergli fedeli, praticando nove comandamenti che hanno per oggetto la giustizia sociale. Amare Dio non significa quindi aspettarsi da lui interventi miracolosi, ma scoprire la bellezza e la gioia di amare il proprio prossimo, non solo il vicino, ma potenzialmente ogni essere umano. Per questo Gesù ha detto che l’amore di Dio e l’amore del prossimo sono oggetto di un unico comandamento.
L’amore del prossimo è dunque l’unico mezzo che abbiamo per dimostrare a Dio il nostro amore. Questo però non consiste essenzialmente in pii sentimenti e neppure in opere caritative, ma nel battersi per una società più giusta e solidale. E questo non soltanto con mezzi sindacali, ma mediante scelte di vita quali un lavoro onesto, il pagamento delle tasse, l’abbattimento delle barriere sul lavoro e nella famiglia. Spesso e volentieri un amore puramente assistenziale può diventare espressione di raffinato egoismo.
La seconda lettura mette in luce come Gesù, pur essendo senza peccato, ha potuto salvarci solo perché, mediante la sua morte in croce, è diventato perfetto nell’amore. Infatti egli stesso ha detto, secondo Giovanni, che non c’è amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici. Così facendo egli ci ha riscattato dalle nostre viltà e ipocrisie e ci ha indicato la strada della vera salvezza che coincide con la nostra felicità.
Sintesi videoconferenza
L’amore verso Dio, di cui parla il libro del Deuteronomio, è difficile da capire e da praticare. Alla luce di un mondo in cui predomina la violenza, il dolore, la morte, Dio appare a volte come un essere malvagio e prepotente. Per gli antichi ebrei non era così: infatti essi vedevano in Dio il liberatore del loro popolo, pieno di misericordia per i suoi figli, e vedevano nel male una punizione per i propri peccati o l’opera di potenze diaboliche. Israele era un popolo sorto dalle macerie dell’esilio, il quale ha fatto l’esperienza, sotto la guida dei profeti, di una profonda aggregazione basata su un ideale di giustizia e di fraternità. In forza della mentalità dell’epoca, i profeti hanno ricollegato questa esperienza alle antiche tradizioni che ponevano l’origine del popolo in una lontana migrazione dall’Egitto, attribuita al loro dio etnico, Yahweh, il quale in quell’occasione avrebbe dato loro le leggi che garantivano una vita sociale solidale e giusta. In questo contesto si giustifica l’amore per Dio, che allora era un concetto politico, col quale si designava la fedeltà e la sottomissione dei vassalli nei confronti del loro sovrano. Amare Dio nella Bibbia significa dunque essere sottomessi ai valori supremi della giustizia su cui si regge la vita di un popolo. Per gli antichi ebrei la fedeltà a questi valori sociali doveva essere un modello da proporre anche agli altri popoli, in vista di un mondo ideale che Dio stesso avrebbe realizzato alla fine dei tempi. Gesù invece propone fin d’ora non solo l’amore del prossimo ma anche l’amore del nemico, che è lo straniero, il quale era considerato in partenza come colui che ha rifiutato i valori su cui si basava l’esperienza religiosa e sociale di Israele. Per noi oggi è più facile vedere Dio all’opera non in un’epopea del passato ma nell’impegno personale e comunitario per la giustizia e per la pace a tutti i livelli. In questo ci è guida e compagno di viaggio Gesù di Nazaret, il quale ha tracciato la strada da seguire dedicandosi ai poveri, ai malati e agli esclusi e affrontando per questo una morte dolorosa. La preghiera è un modo per confrontarci con lui e per entrare con lui nel mistero inaccessibile di Dio, dandoci la possibilità di rivolgerci a Dio come a un Tu personale.