Tempo Ordinario B – 12. Domenica
Le letture di questa domenica ci offrono lo spunto per riflettere su un tema molto attuale, quello della difesa dell’ambiente. Nella prima lettura è Dio stesso che, parlando in mezzo all’uragano, dice a Giobbe: Sono io che ho dominato le acque del mare e ho fissato loro un limite. Queste parole si capiscono ricordando che gli abissi del mare sono visti nella Bibbia come la sede dei grandi animali, dei draghi mostruosi che sono considerati come simbolo dei poteri avversi a Dio. Nei loro confronti Dio ingaggia dunque uno scontro nel quale risulta vincitore. In termini mitologici si afferma che Dio è il creatore e il garante dell’armonia del cosmo.
Il brano del vangelo riprende a modo suo questo tema. Gesù sta attraversando il lago di Tiberiade per entrare in una regione abitata da gentili che, secondo la mentalità giudaica, sono facile preda delle potenze del male. Gesù sta per entrare nel loro territorio, il loro potere è in pericolo. In chiave nuovamente mitologica l’evangelista vuole dire che le potenze del male sconquassano non solo il mare ma anche tutto l’universo, in contrasto con un potere opposto, quello del bene comune di tutta l’umanità, rappresentata da Gesù. Questo scontro si verifica prima che nel cosmo nel cuore degli uomini. I discepoli sono terrorizzati e chiedono a Gesù di intervenire. Gesù lo fa rivolgendosi al mare come prima si era rivolto agli indemoniati. Anche alle potenze diaboliche che risiedono nei mari Gesù dice: «Taci, calmati!». E poi rimprovera i discepoli perché hanno avuto paura: a loro manca ancora la fede. Solo con la fede nei valori supremi della vita, che Gesù ha predicato fino alla morte, si vince il potere del male.
Nella seconda lettura Paolo afferma che Cristo è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risorto per loro. Il peccato consiste nel «vivere per se stessi», cioè nel mettere al primo posto i propri interessi a scapito del bene comune. Gesù vince il peccato accettando con coraggio la sua morte in favore di tutti.
L’ingordigia umana ha messo in atto uno sfruttamento diffuso dell’ambiene e con esso anche di quelli che lo abitano. Cosmo e persone si integrano a vicenda. Di fronte a tanti soprusi noi tacciamo perché abbiamo paura di perdere i nostri privilegi, il nostro benessere. Oggi l’esigenza di tutelare la casa comune si fa sempre più forte e imprescindibile. Gesù ci insegna che solo con la fede nella vita , nell’umanità e in ultima analisi in Dio Padre e nel suo regno, si vincono le potenze del male che dominano in questo mondo e provocano violenze e disastri. È una lotta cosmica che però inizia nei nostri cuori.
Qual è la nostra vera patria? Un mondo sconquassato da fenomeni spesso terrificanti o un altro mondo in cui risiedono Dio, gli angeli e i santi? Molti santi hanno risposto a questa domanda fuggendo da questo mondo perverso per rifugiarsi nella solitudine, in attesa di entrare in quell’altro mondo tanto desiderato. Gesù invece non ha abbandonato questo mondo ma lo ha pacificato, facendo emergere da esso quella potenza di pace e di armonia che lo anima. E lo ha fatto guarendo la violenza che alberga nel cuore umano e si scatena mettendo gli uni contro gli altri e contro l’ambiente in cui vivono.
L’ambiente viene violentato quando si derubano le sue risorse a beneficio esclusivo di una parte della popolazione, buttando poi nei rifiuti gli scarti che restano: non solo cose ma anche esseri umani sfruttati e poi respinti. L’uomo che è parte integrante dell’ambiente, diventa così il suo più grande nemico. Ma la madre terra non ci sta. La violenza che essa scatena è spesso un grido di dolore e una rivolta contro l’intervento predatorio dell’uomo.
La voce della natura deve essere ascoltata: non semplicemente mediante interventi di carattere tecnico, ma mediante una grande opera di riconciliazione che coinvolge le persone e le nazioni e addirittura le diverse generazioni che si susseguono. Solo un’umanità riconciliata, che riscopre il valore della giustizia e della pace, può risanare un ambiente straziato dall’ingordigia umana. Certo è richiesto un cambiamento di mentalità, senza del quale tutti dovranno pagare un prezzo altissimo: la natura non fa sconti a nessuno.
E allora che fare? Anzitutto contemplare l’amor che move il sole e l’altre stelle; cioè scoprire lo spirito che anima questo mondo e lo muove verso una perfezione sempre maggiore. E poi sentirsi parte di questo mondo, incaricati di preservarne la bellezza al servizio di tutti. Conoscere il mondo significa conoscere se stessi e lasciarsi guidare da quello spirito che condividiamo con esso.
Le acque del mare, agitate dai venti, sono per gli antichi il simbolo di un cosmo sconvolto da poteri diabolici che abitano in esse ma operano nel cuore dell’uomo. Questi poteri vogliono impedire a Gesù di andare in un territorio pagano, ritenuto come loro possesso indiscusso. Gesù li mette a tacere ma se li ritrova poi nuovamente di fronte in un uomo posseduto da una legione di demoni che egli ricaccia nel mare facendoli entrare in una mandria di porci. Fuori metafora, nella Bibbia è radicata la convinzione che questo mondo è stato deturpato dal peccato dell’uomo che si manifesta come ricerca del proprio interesse immediato, senza attenzione ai danni che si recano agli altri e, alla fine, anche a se stessi. I discepoli hanno una fede carente perché sono dominati dalla paura di morire e non sanno vedere la straordinaria potenza del Bene che supera quella del male: solo chi ha una grande fede nella bellezza del creato di cui l’uomo è parte può lottare contro tutto ciò che, partendo dal cuore umano, inquina e distrugge l’ambiente. Perciò la difesa dell’ambiente è parte essenziale della fede in Dio, qualunque sia la forma che questa assume. La fede cristiana si nutre del rapporto con Gesù che, a seguito della sua morte, è diventato il «maestro interiore» e si arricchisce della speranza in un mondo migliore, quello da lui annunziato, che rappresenta una meta e un ideale a cui tendere. Infine la fede, se autentica, da origine a forme comunitarie di collaborazione che amplificano e rendono efficaci i nostri piccoli sforzi individuali.
Sempre m’incantano la bellezza di certi passaggi biblici capaci di giungere dritto al cuore.
Dio che si prende cura della natura, dell’impetuosità del mare , ma come lo saprebbe fare solo la tenerezza di una madre che ne “fascia le onde impetuose” che lo tutela mettendo “un chiavistello ai suoi limiti” di modo che non li travalichi arrecando danno a sé stesso e ad ogni altra sua creatura. In questo modo consente all’uomo, al popolo di Israele di sfuggire al male, “al potere” al faraone che sempre lo incalzerà inutilmente. Perché la forza creatrice di Dio, come ci dice Gesù, è sempre dalla parte di chi cerca il bene comune, ossia, la libertà da ogni male.
Israele come metafora della nostra vita, in cerca di libertà da ogni sopruso, da ogni male. Una ricerca che – abbiamo anche dolorosamente imparato – non si avvera una volta per sempre, ma si deve riconquistare ogni giorno, ora per ora, attraverso le non facili scelte di tutti i giorni che la conservazione del bene, in ogni sua espressione, richiedono alla coerenza della mia/nostra vita.