Avvento B – 1. Domenica
La liturgia di questa domenica ha come tema la vigilanza, in quanto comporta una costante ricerca di Dio. La prima lettura si apre con un’accorata confessione dei peccati del popolo. Secondo la mentalità degli antichi profeti, le disgrazie sono la conseguenza della lontananza di Dio, causata dai peccati del popolo. Perciò il profeta si rivolge a Dio con questa invocazione: «Se tu squarciassi i cieli e discendessi!». Ciò si verifica quando l’uomo si rende conto, a partire dall’esperienza personale e di tutto il popolo, che Dio non abbandona mai la sua creatura, neppure quando sbaglia.
Nel brano del vangelo si parla della vigilanza che il discepolo di Gesù deve esercitare in attesa della sua venuta. In questo testo si rispecchia l’attesa del ritorno di Gesù che secondo i primi cristiani era imminente. Essi pensavano che Gesù avesse già inaugurato il regno di Dio, ma solo al momento del suo ritorno lo avrebbe attuato pienamente. Siccome questo evento non si era realizzato e non se ne prevedeva una realizzazione a breve scadenza, nasce il tema della vigilanza che significa non abbassare mai la guardia e non lasciarsi prendere dallo scoraggiamento e dall’indifferenza.
La seconda lettura mette in luce l’importanza per una comunità cristiana di aspettare il ritorno di Gesù mediante l’esercizio dei doni ricevuti da Dio per mezzo suo. I credenti in Cristo sono ben equipaggiati per il tempo dell’attesa e Dio stesso si incarica di mantenerli irreprensibili.
Dio è presente, ma è nascosto e a volte sembra lontano e incapace di venire incontro ai bisogni di coloro che credono in lui. Questa sensazione provoca spesso delusione e stanchezza, specialmente quando sopravvengono le prove della vita. In queste circostanze la vigilanza consiste in una costante ricerca di Dio, con la convinzione che Dio non abbandona mai coloro che credono in lui. Ciò esige però che ci si aspetti da Dio non la liberazione dalle sofferenze della vita ma la capacità di servirsene per la ricerca di un bene più grande.
Leggo per la prima volta dopo tanto tempo sia Sandro che gli altri. Grazie!!
Certo le sciagure che colpiscono una nazione possono essere determinate da errori commessi dai governanti e, nei regimi democratici, dal fatto che una maggioranza li ha votati. Da qui a immaginare che certe sofferenze siano causate dal fatto che Dio, offeso per i peccati del popolo, lo abbia abbandonato al suo destino, ce ne corre. Eppure così la pensavano gli antichi ebrei e anche i primi cristiani. Per noi oggi è difficile entrare in questo ordine di idee. Le sciagure hanno le cause più disparate e, quando capitano, non ha senso pregare Dio che intervenga ad aiutare chi ne è colpito. Spetta a noi trovare i rimedi necessari per uscirne nel migliore dei modi.
Nello stesso modo è difficile condividere la fede dei primi cristiani i quali pensavano che in tempi brevi Gesù sarebbe ritornato per realizzare quel regno di Dio che aveva promesso. Oggi siamo più che mai convinti che questo mondo procede affannosamente nella ricerca di maggiore giustizia e solidarietà tra gli individui e tra i popoli, affrontando ostacoli che neppure l’Organizzazione delle Nazioni Unite riesce a superare. Purtroppo (o per fortuna) nessuno ha la bacchetta magica e tutti sono chiamati a fare del loro meglio perché si attui un progresso vero e il più possibile duraturo.
Ma allora che cosa significa essere credenti oggi? Mah, forse semplicemente essere convinti, nonostante le apparenze, che la forza del bene supera quella del male, perché Dio è amore e non abbandona mai l’umanità in cui agisce come forza potente che unisce e aggrega. Chi scopre Dio, scopre l’amore, e chi ama ha già trovato Dio. Provare per credere.
Per fortuna qualcuno ci ha provato e ci ha dimostrato che è vero, anche se a volte il prezzo da pagare è molto alto. Gesù non ci ha dato delle ricette infallibili, ma ci ha insegnato a interrogarci, a ricercare e, nel corso dei secoli, si è arricchito lui stesso delle esperienze dei suoi discepoli. Non ci ha rivelato Dio, ma la strada che porta a lui. Per questo è stato un vero maestro, che mai ha privato i suoi discepoli della gioia di una scoperta personale e vissuta.
Sintesi della videoconferenza
Inizia l’Avvento, che è tempo di attesa. L’attesa ha come oggetto qualcosa che non si ha ancora ma di cui si percepisce l’esistenza e l’importanza. L’attesa di Gesù significa cercare un incontro con lui che è già iniziato ma che non è mai compiuto. L’incontro con Gesù è importante perché ci introduce nel mistero di Dio. Quando pronunziamo la parola «Dio» non ne conosciamo il significato: abbiamo delle intuizioni che ci fanno desiderare una conoscenza maggiore e un incontro personale. Dio è lontano e al tempo stesso è presente dentro di noi. Perciò la ricerca di Dio esige da una parte che noi entriamo in noi stessi e, dall’altra, che facciamo riferimento a remote tradizioni e al vissuto dei nostri contemporanei; come nella ricerca scientifica, la ricerca di Dio esige un lavoro di squadra. E questo non per un dovere che ci è imposto da qualcuno ma per un bisogno che sentiamo proprio come esseri umani. Nella ricerca di Dio si attua quella vigilanza di cui parla il vangelo. Essa si esprime principalmente nella preghiera. Questa consiste in un entrare nel mistero di Dio che è anche il mistero della nostra esistenza. A questo Dio misterioso possiamo chiedere anche delle cose e a volte è utile ripetere delle formule. Ma in profondità pregare significa scoprire un progetto misterioso che guida gli eventi della nostra vita e del mondo. In questo percorso anche la sofferenza ha un senso perché la privazione di cose effimere ci spinge a guardare più in là, verso i valori supremi che danno senso alla nostra vita. Da qui sgorga il ringraziamento, che è un aspetto essenziale della preghiera.
“Non lasciarsi prendere dallo scoraggiamento”. A volte è difficile di fronte ad un Dio incomprensibile o di fronte al dubbio che stiamo solo cercando di illuderci e di non arrenderci ad un disperante non senso del vivere.
In questi ultimi anni in cui sono costretta,su una sedia particolare, a un’ immobilità più o meno assoluta, dopo un periodo di faticosa accettazione, mi accorgo oggi di essere molto più concentrata, presente a me stessa e quindi serena anche quando sono stanca. ‘E’ il silenzio che mi ha giovato, Le letture di questa domenica mi fanno capire che forse sto vivendo meglio la vigilanza che non è tanto quello stato di attenzione verso le cose esterne, ma una vigilanza del cuore, simbolo della nostra interiorità.
Se prima, quando correvo indaffarata in mille attività, la ricerca di Dio, per usare le parole di Sandro, ma io preferisco dire la ricerca di una spiritualità accogliente e attenta agli altri, a volte era faticosa e comunque costretta tra mille pensieri che mi portavano su strade diverse, oggi ho più chiara quale è quella vigilanza che, pur non astraendosi dal mondo da tutti i suoi problemi e dolori, non si fa appesantire e distrarre dalla sua dimensione spirituale. Troppo importante fissare l’attenzione sull’essenziale, restare presenti a se stessi e a quello spazio in cui è possibile accogliere i fratelli e sentirsi uniti, tutti parte di un tutto.