Tempo Ordinario A – 32. Domenica
Il tema di questa liturgia domenicale è quello della sapienza di cui si parla nella prima lettura. La sapienza rappresenta Dio stesso in quanto è presente nelle sue creature come energia vitale che ne garantisce l’ordine e l’armonia. In questo senso la sapienza precede l’iniziativa di ogni essere umano che però deve ricercarla mediante l’esercizio della ragione e la riflessione su se stesso e sulle realtà di questo mondo: solo così ciascuno impara a rapportarsi in modo corretto con l’ambiente e con le persone che lo abitano. È una ricerca che non è mai finita, perché il mondo è estremamente complesso e mutevole.
Nel vangelo viene riportata la parabola delle vergini sagge e di quelle stolte. Non dobbiamo fermarci in superficie, chiedendoci perché si parla di vergini e non di semplici ragazze o perché le stolte non hanno portato l’olio e le sagge hanno rifiutato di condividere con loro quello che avevano. Bisogna andare al centro della parabola che pone l’accento sulla sapienza di vita che coincide con la vigilanza. Gesù indica il regno di Dio, cioè un mondo migliore, verso il quale dobbiamo tendere in tutte le nostre scelte. Per fare ciò non bastano i sacramenti, la messa domenicale o la fede nei dogmi della Chiesa. Quello che si richiede è aderire alla persona di Gesù, trovando nel suo insegnamento non verità preconfezionate ma lo stimolo a ricercare, con la nostra ragione, quella sapienza che deve animare tutte le nostre scelte. L’incontro con lui non deve essere rimandato alla fine dei tempi o al momento della nostra morte, ma deve essere un’esperienza quotidiana che trasforma la nostra vita. Se si abbassa la guardia le conseguenze saranno negative non solo per chi sbaglia ma anche per tutta la società e per le generazioni future.
Nella seconda lettura Paolo parla della risurrezione finale e dell’incontro con il Signore risorto. È chiaro che egli usa le immagini del suo tempo. Noi non sappiamo che cosa avverrà quando finirà il corso della nostra vita personale o quello dell’umanità e del cosmo intero. L’importante è credere che nulla andrà perduto di quanto noi siamo e facciamo non solo per il bene nostro e degli altri, ma anche per l’ambiente in cui viviamo.
Il mondo è la casa che Dio ha disposto non solo per noi e per le generazioni che ci hanno preceduto, ma anche per quelle che verranno. Per questo dobbiamo comportarci con saggezza nei confronti di tutte le realtà che lo abitano. Per fare ciò noi credenti non riceviamo un supplemento di rivelazione ma uno stimolo a ricercare, alla luce del Vangelo, il bene in tutti i suoi aspetti, in sintonia con la ricerca di tutti gli uomini e le donne di buona volontà.
Certo, se Dio è lassù nel cielo e ci ha parlato mediante i suoi intermediari, a noi non resta altro da fare che ascoltare, credere e obbedire. Diverso è il caso se Dio è presente in questo mondo e nel cuore umano. È questo ciò che suggerisce il tema biblico della sapienza, la quale non è altro che un’immagine per indicare un’ordine, un’armonia che rivela un’entità superiore la quale regge il mondo non dall’esterno, ma dall’interno. Se le cose stanno così, allora Dio non si scopre se non rientrando in se stessi, nello sforzo quotidiano di capire il senso della vita e il fine a cui tende questo universo di cui facciamo parte.
La ricerca della sapienza esige dunque un impegno personle che esige riflessione, autocritica, distacco da sé. In questa ricerca è fondamentale approfittare della millenaria esperienza dell’umanità, prendendo luce da autentici maestri, quelli cioè che hanno indicato non risultati definitivi ma una via che loro stessi hanno percorso. Uno di questi, per noi il più significativo, è il profeta di Nazaret, quel Gesù che ha preferito una morte atroce piuttosto che tradire i suoi fratelli. Perciò egli resta vivo anche dopo duemila anni, indicando a chi lo segue i veri valori della vita.
Ma la via indicata da Gesù si scopre unicamente percorrendola, non da soli ma come membri di una comunità di fratelli e sorelle che lo ricordano, comunicando tra loro e aiutandosi vicendevolmente a superare le difficoltà del cammino e il rischio di quella stanchezza che porta all’inerzia. È questa la vigilanza di cui parla il vangelo, in forza della quale chi ha in maggiore quantità l’olio che alimenta la lampada lo comunica a chi ne è rimasto privo. Forse la parabola avrebbe bisogno di qualche ritocco.
Ma soprattutto è necessaria la fede, che non consiste nell’accettare determinate teorie o concezioni religiose ma nel saper scoprire in ogni evento una potenzialità di bene. Non sarà questo il senso profondo della risurrezione dei morti di cui parla Paolo nella seconda lettura?
Anch’io voglio credere che nulla vada perduto del bene che ogni persona compie su questa terra. Forse è solo un’illusione di fronte al male e al dolore che sembrano assediarci da ogni parte, ma come potremmo altrimenti continuare a coltivare quella speranza di cui parla Paolo? E poi, quella scintilla di energia vitale che custodiamo dentro di noi, alla radice del nostro essere, non ci suggerisce proprio questo?
Quando leggo la Sapienza e, in particolare il capitolo sesto, mi sento subito più leggera e ogni volta constato che è vero “la sapienza si lascia trovare” e ancora di più “previene, per farsi conoscere, quanti lo desiderano”. Cresciuti con un Dio che ama, ma anche punisce e castiga, con l ‘ansia e la paura di come ci si deve comportare, con la Sapienza si ha subito la sensazione di poter distendere le ali, liberi; liberi di camminare per lunghe distese. Non dobbiamo più guardare timorosi verso l’alto perché la Sapienza la incontriamo per le strade, ci viene incontro con naturale benevolenza e suscita in noi lo stesso sentimento. La Trascendenza cui tendo credo sia la Sapienza. Il racconto del mio percorso di fede arriva “sulla porta” dove la Sapienza è seduta e di lì riparte perché “riflettere su di essa è perfezione di saggezza”. La strada continua, la ricerca ci accompagna in tutte le nostre scelte, nel rapporto che viviamo con il mondo, con le persone che lo abitano, con l’universo intero … tutto in evoluzione e noi sempre in movimento: anche oltre la soglia?
Lì vive il Mistero. E in noi il silenzio.