Tempo Ordinario A – 22. Domenica
Il significato della sofferenza
La sofferenza è una realtà misteriosa, difficile da capire. La prima lettura presenta, con le sue stesse parole, l’esperienza che ne ha fatto uno dei grandi profeti, Geremia. Egli deve annunziare la rovina a un popolo ribelle, che lo considera come un profeta di malaugurio e perciò lo perseguita. Geremia ne è amareggiato al punto che vorrebbe tirarsi indietro, rinunziare alla sua missione. Ma non ci riesce perché la parola di Dio gli brucia dentro come un fuoco. Suo malgrado dovrà riconoscere che un compito così importante come quello che ha ricevuto richiede la disponibilità anche a una grande sofferenza.
Nel brano del vangelo si narra che anche Gesù è andato consapevolmente incontro alla sofferenza e alla morte. Nel contesto immediato non si dice quali sono stati i motivi che lo hanno messo su questa strada. Dalle sue parole traspare però che per lui si tratta di un percorso obbligato per portare a termine la sua missione. Quando egli ne parla con i suoi discepoli, Pietro reagisce rifiutando drasticamente questa prospettiva. La sua opposizione non deriva semplicemente dall’affetto verso il Maestro o dalla paura di fare la sua stessa fine. Pietro, seguendo Gesù, ha creduto che lui fosse il Messia e che la venuta del regno di Dio da lui annunziato fosse imminente. Per Gesù la sofferenza è parte essenziale di un impegno non violento per gli ultimi di questo mondo; Pietro invece pensa ai rischi di una sollevazione contro i nemici di Dio e del suo popolo, gli odiati romani. Gesù e Pietro sono uno accanto all’altro, aspettano la venuta del regno di Dio ma pensano che ciò si verificherà con modalità diverse. Con il suo rimprovero Gesù vuole fugare ogni equivoco e invita Pietro a mettersi al suo seguito non solo esternamente ma anche con il cuore. E subito dopo gli indica la via della sequela, che consiste nel rinnegare se stesso e nell’accettare la croce come espressione del dono di sé.
Nella seconda lettura Paolo invita i cristiani di Roma a offrirsi a Dio come sacrificio vivente. E li esorta a non conformarsi alla mentalità di questo mondo. Per seguire veramente Gesù dobbiamo distaccarci da tante cose, soprattutto da noi stessi e dai nostri interessi materiali. Dio non vuole preghiere meccaniche o gesti rituali ma il dono di sé che consiste nel fare la sua volontà, cioè nella ricerca del bene in tutti i suoi aspetti.
Di fronte alle situazioni ingarbugliate dei nostri giorni, il Vangelo ci richiama alla necessità di fare delle scelte radicali. Magari non si tratterà di mettere in pericolo la nostra vita, anche se a volte ciò può avvenire, come è capitato ai medici e agli infermieri che hanno curato i malati di coronavirus. Il più delle volte dovremo semplicemente chiederci da che parte stiamo, che cosa vogliamo raggiungere nella vita, a che cosa dobbiamo rinunziare per rendere migliore la nostra società.
La sofferenza del giusto
Non so se Dio sia poi così contento quando gli offriamo le nostre sofferenze in espiazione per i peccati nostri e degli altri. In se stessa la sofferenza è un male e Dio non la vuole. Ma non la combatte standosene lassù in cielo, intento a pilotare le vicende di questo mondo, ma è immerso in esso come una forza propulsiva che lo spinge a superare il male e a evolvere verso una sempre più perfetta armonia. Credere in questo Dio significa lasciarsi coinvolgere nella sfida tra bene e male. È questo che Paolo vuole dire quando esorta i romani a offrire i loro corpi, cioè se stessi, come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio.
Ma la lotta contro il male ha dei rischi, esige un prezzo da pagare che a volte è molto alto. La ricerca del bene, in tutti i suoi aspetti, deve fare i conti non solo con le forze caotiche di questo universo, quali terremoti e alluvioni, malattie, ma anche con interessi consolidati di persone e di lobby che colpiscono senza pietà chi si oppone a esse. Ciascuno di noi ha dei sensori che percepiscono l’ostacolo e mettono in guardia dai suoi effetti mortali: chi si oppone sa di dover pagare un prezzo molto alto. La vicenda di Gesù ne è l’esempio più chiaro.
L’impegno a favore dell’amore e della giustizia si basa su una certezza: il bene è più forte del male e prima o poi prevarrà nei suoi confronti. È bello sognare un mondo migliore e credere che si attuerà anche mediante il nostro impegno, costi quello che costi. A volte però nasce il dubbio: ma è proprio vero che in ogni caso un giorno il bene trionferà? Chissà, nessuno ce lo garantisce. Ma la fede sta proprio in questo: comunque vadano le cose, è meglio stare dalla parte del bene piuttosto che del male. È il prezzo da pagare per essere e rimanere umani.
Un giorno, 60 anni fà, Martin Luther King ha gridato il suo sogno di un’umanità nuova, senza più discriminazioni e violenze. Quel sogno è stato interrotto dalla sua morte violenta. Ma per lui il suo sogno era già diventato realtà, anche se nei fatti le cose vanno più a rilento di quanto lui stesso forse sperava.