Tempo Ordinario A – 03. Domenica
In questa domenica appare per la prima volta nella liturgia il tema del regno di Dio annunziato da Gesù. Nella prima lettura è riportato un oracolo contenuto in una sezione del libro del profeta Isaia chiamata «libretto dell’Emmanuele». In esso la nascita di un fanciullo della casa di Davide, viene presentata come l’occasione in cui appare una grande luce, simbolo di una gioia immensa: essa è motivata dal fatto che la popolazione della Galilea, umiliata dalla dominazione straniera, ha ottenuto finalmente la liberazione, fonte di pace e giustizia.
Nel brano del vangelo, Matteo vede l’attuazione della profezia isaiana nel fatto che proprio in Galilea, una regione periferica, abitata in gran parte da gentili, Gesù ha cominciato ad annunziare la venuta del regno dei Cieli, cioè di Dio,. consiste in una società in cui cadono le barriere e viene attuata la giustizia, che significa fraternità e condivisione. E per far capire che il lieto annunzio del Regno non era un semplice annunzio teorico, Gesù chiama immediatamente i primi quattro discepoli, i quali lasciano tutto per seguirlo. È inverosimile che ciò sia avvenuto subito all’inizio del ministero di Gesù, prima che egli illustrasse il senso di questo annunzio. Ma per l’evangelista è importante parlarne subito, in quanto mostra in atto la dinamica del regno. Là dove esseri umani sanno superare i propri interessi e aggregarsi in vista di un bene comune, il regno di Dio ha inizio, comincia a manifestarsi. La prontezza con cui i primi chiamati seguono Gesù, distaccandosi da tutto quanto possedevano, mostra come questo regno debba avere il primato su tutti i propri interessi personali.
Anche per Paolo il fatto che i cristiani siano uniti nonostante le loro differenze culturali e sociali è l’espressione più efficace della forza trasformatrice del Vangelo, al centro del quale c’è la croce di Cristo. È chiaro che le diversità si superano solo se al primo posto si mette la ricerca di un mondo migliore, quello annunziato da Gesù e per il quale egli ha dato la vita.
La venuta del regno di Dio non esige da parte dei cristiani che si dedichino a pratiche rituali o all’accettazione di particolari concezioni religiose ma piuttosto che si impegno per la realizzazione di un mondo migliore, dove tutti siano riconosciuti e amati.
Dopo aver ricevuto il battesimo di Giovanni, Gesù ritorna in Galilea, la regione in cui aveva vissuto con la sua famiglia. Matteo commenta questo evento dicendo che allora si è adempiuta una profezia, quella riportata nella prima lettura: per la popolazione di quella regione, immersa nelle tenebre di una dura dominazione, sorgerà una grande luce, immagine di una improvvisa liberazione.
Come i loro antichi progenitori, i galilei sapevano bene che cosa voleva dire essere oppressi e sfruttati. Pur non essendo sotto il dominio diretto dei romani, essi erano governati da un re loro amico, figlio di quell’Erode tristemente famoso per la sua crudeltà e per lo sfruttamento sistematico dei suoi sudditi: e suo figlio non era da meno. Perciò non potevano non apprezzare il messaggio di Gesù il quale annunziava loro: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino». Che per gli ascoltatori voleva dire che Dio sarebbe presto ritornato a regnare su di loro e, implicitamente, che il dominio di Erode e dei romani era giunto al capolinea.
Un messaggio chiaramente rivoluzionario. Stranamente però Gesù, invece di circondarsi di combattenti, è andato a prendere alcuni uomini che stavano esercitando la loro professione di pescatori e ha promesso loro di farli diventare pescatori di uomini. È difficile immaginare che cosa possono aver capito i diretti interessati. Certo però le persone da lui scelte non erano quelle più indicate per formare un esercito di liberazione nazionale. Ma che cosa si aspettava da loro Gesù?
Il seguito del vangelo lo fa capire con chiarezza. Senza dubbio Gesù voleva dare origine a un movimento di liberazione, cominciando però dalla base, cioè dalla formazione delle persone. Egli però non proponeva la scorciatoia della violenza, ma puntava a un rinnovamento dei cuori. Perciò ha dato inizio a un lavoro capillare di insegnamento e si è dedicato alla cura dei malati, specialmente i più emarginati: ma per questo aveva bisogno di collaboratori, capaci di mediare e di prolungare il suo insegnamento. La luce che Gesù è venuto a portare e che i discepoli ci hanno trasmesso consiste dunque nel fatto che, entrando nella sua ottica, le persone cominciano a ricercare non più il proprio interesse, ma il bene comune, in un contesto di solidarietà e fraternità. Di questa luce abbiamo bisogno anche noi, con grande urgenza.
Nel mondo di oggi, il problema sollevato da Paolo si traduce nel seguente: fino a che punto e’ammesso il pluralismo nella Chiesa? Purtroppo dal tempo di Paolo ad oggi si sono creati nella Chiesa una serie di dogmi, regole e tradizioni che delimitano strettamente il pluralismo. In effetti si tratta di steccati: chi e’ dentro e’ nella Chiesa, chi e‘ fuori e‘ eretico. Riferirsi a Cristo poteva andare bene al tempo di Paolo ma oggi appare un po‘ ingenuo: all’atto pratico si puo‘ pensarla diversamente dal pensiero ufficiale della Chiesa?]
Michele
Oggi abbiamo tanti strumenti per conoscere più da vicino il messaggio di Gesù. Se vogliamo praticarlo, nessuno ce lo può impedire. La mediazione della Chiesa è ancora importante, a patto che con questo termine intendiamo una comunità viva nella quale camminare in sintonia con tutte le comunità cristiane presenti nel mondo.
Isaia 9,1” Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse. 2Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia. 3Perché tu hai spezzato il giogo che l’opprimeva, la sbarra sulle sue spalle, e il bastone del suo aguzzino…”
Ma, per loro la grande Luce, non è arrivata, né, tanto meno, si è spezzato il bastone dell’aguzzino, per Egidio Tiraborrelli finito in carcere a 81 anni per una condanna del 2017 che ignora: per aver nascosto in viaggio una «clandestina». «colpa» che lo porterà alla morte”, così come tanti altri. Se ancora avessimo dei dubbi basta leggere l’ultimo “Rapporto acquisito dalla Corte penale dell’Aja: la Libia resta un campo di prigionia a cielo aperto”<<< «abusi e gravi violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario», tra cui si segnalano «esecuzioni sommarie, sparizioni forzate e torture»
Per loro, come per tanti altri non si è spezzato il bastone dell’aguzzino.
Eppure, quanti secoli sono passati da quando “ Gesù andò ad abitare a Cafàrnao, sulla riva del mare,<<< 14”perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia”. Fin da allora ci è stata trasmessa la grande luce del suo messaggio, luce che, per quanti l’hanno saputa accogliere avrebbe trasformato i loro cuori: Vi darò un cuore nuovo. Un cuore di carne, capace di sentire di condividere gioie e dolori di quanti ci sono vicini, i nostri cari, ma non solo. La sua luce ha allargato il nostro sguardo, ravvicinato ogni distanza e oggi noi li vediamo, e li “sentiamo”. Tutti.
Aiutarci ad accogliere la Grande Luce per diventare segno di speranza.
“Le diversità si superano se al primo posto si mette la ricerca di un mondo migliore”.
Questa è’ la settimana della memoria ma sappiamo che questa memoria oggi è nuovamente entrata nella nostra realtà . Il male di oggi sarà diverso nella forma, ma nella sostanza è uguale a quello di ieri.
Che cosa possiamo fare per superarlo?
Prima di tutto riconoscerlo e non rimuoverlo.
Gli aspetti da prendere in considerazione sarebbero molti, ma oggi in particolar modo sto riflettendo sulla nostra religione e mi addolora molto ricordare come ci siamo originariamente, e non solo, comportati con gli ebrei. Penso a quell’antigiudaismo cristiano, che anche oggi, dopo il Concilio Vaticano II e il tiepido riavvicinamento con l’ebraismo, tanto male è ancora riuscito a fare, così che possiamo leggere in “Essere Cristiani” del teologo Kung: “L’antigiudaismo nazista fu opera di criminali atei e anticristiani. Ma non sarebbe stato possibile senza la storia quasi bimillenaria di un antigiudaismo cristiano che impedì ai cristiani tedeschi di opporre alla criminosa iniziativa un vasto fronte di resistenza convinta ed energica.”
Eppure Gesù era ebreo, anche se molti ancora si scandalizzano a sentirlo affermare: nato ebreo e morto ebreo, Matteo nel vangelo di oggi racconta che insegnava nelle sinagoghe.
Forse una fatica che dovremmo fare per rendere il mondo migliore è anche quella di studiare e interpretare meno superficialmente la nostra religione: come possiamo diventare pescatori di uomini se non sappiamo quale cambiamento di mentalità e di azione dobbiamo proporre?
Questo sito è un notevole aiuto per studiare e per imparare a interpretare: siamo avvantaggiati. Buona domenica.