Immacolata Concezione
Nella festa dell’Immacolata Concezione si celebra Maria concepita senza il peccato originale. Questa dottrina, proclamata solo nel 1854 dal papa Pio IX, si basa sul presupposto che Maria è stata preservata dal peccato originale in vista dei meriti di Gesù, l’unico salvatore del genere umano. Oggi, in un nuovo contesto culturale, è difficile immaginare che un bambino nasca con un peccato che non ha commesso. E in realtà le letture ci portano a riflettere non sul concepimento di Maria ma sulla sua vocazione.
Nella prima lettura si racconta che Dio ha detto al serpente: «Porrò inimicizia fra te e la donna, tra la sua stirpe e la stirpe di lei: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno». Pur nel suo carattere mitologico, questa profezia è molto significativa. Il serpente è strumento di morte, mentre la donna è la culla della vita. Non per nulla Adamo le ha dato il nome di Eva, vita, in quanto sarà madre di tutti i viventi. È questa la sua vocazione. E proprio in quanto madre la donna lungo i secoli ha combattuto contro il potere del male, prodigandosi per comunicare la vita, per difenderla e nutrirla. Ancora oggi, in tanti luoghi di questo mondo, la sussistenza della famiglia e della società è in gran parte sulle spalle delle donne.
Nel brano del vangelo si trova una bellissima scena simbolica in cui l’evangelista, alla luce dell’esperienza che di lei hanno avuto i primi cristiani, descrive la vocazione di Maria. Per mezzo di un angelo, Dio stesso si rivolge a lei e le chiede se è disposta a diventare madre. Nel corso dei secoli raramente ciò è accaduto. Ogni donna doveva comunque accettare il proprio ruolo materno. Con l’annunzio a Maria le cose cambiano, non solo perché è chiamata a diventare la madre del Salvatore, ma perché lo fa in forza di una scelta personale, di un assenso libero. Si crea così per lei una situazione nuova, estremamente rischiosa, perché si tratta di una maternità al di fuori del comune. Le sarà necessaria una buona dose di coraggio, non tanto per le modalità non convenzionali di questo concepimento, quanto piuttosto per il distacco dal figlio e per le vicende dolorose che questi dovrà affrontare. Perciò l’angelo le dice: «Non temere!». Lo stesso coraggio è richiesto oggi a molte donne che scoprono la possibilità di svolgere, proprio come donne, un servizio qualificato nella società. E per questo devono affrontare ostacoli e discriminazioni.
Nella seconda lettura si parla della chiamata di tutti i credenti in Cristo a una vita senza macchia, cioè alla santità. Certo questa chiamata riguarda anzitutto Maria. Non da sola però, ma all’interno di una comunità che può e deve progredire nel segno di una sempre maggiore consapevolezza della dignità di tutti, uomini e donne.
Oggi la maternità non è più una fatalità ineluttabile, ma è diventata l’oggetto di una scelta libera. Almeno nel mondo occidentale. E per la donna si aprono nuovi spazi nella società e nella chiesa per esercitare la sua inimicizia nei confronti del male. È una sfida che tante donne, come Maria, sanno accogliere con grande competenza e amore. Ma spesso purtroppo l’uomo resta indietro, arroccato su posizioni patriarcali, di potere, come attestano i feminicidi che purtroppo si stanno moltiplicando. Se l’uomo e la donna non procedono di pari passo le sofferenze si moltiplicheranno, non solo per le donne ma anche per gli uomini.
Un dogma imbarazzante
Nella festa di oggi si celebra un fatto straordinario: Maria, unica nella millenaria storia dell’umanità, è stata esentata dal peccato originale. Ma allora è proprio vero che ogni essere umano nasce con una sorta di peccato causata da una banale disobbedienza a Dio da parte dei primi progenitori? Questo dogma, inculcato fin dalla fanciullezza a ogni buon cattolico, crea oggi un forte disagio anche tra quanti ancora frequentano le nostre chiese.
Sì, certo, siamo tutti consapevoli che nel mondo esistono ingiustizie e violenze di cui si macchiano tanti esseri umani. Ma di qui a dire che tutti nascono con una specie di stigma che li separa da Dio ce ne corre. Come è possibile pensare a un Dio che si sia lasciato sfuggire di mano la più alta delle sue creature e abbia aspettato migliaia di anni prima di ricuperarla inviando il suo Figlio, e questo limitatamente a chi entra nella chiesa da lui fondata?
Per i primi cristiani, immersi in un mondo in cui l’ingiustizia e la violenza sociale raggiungevano limiti per noi inimmaginabili, vigeva la convinzione, attestata anche in altri gruppi presenti nel mondo giudaico, secondo cui solo loro erano stati scelti e purificati da Dio e presto sarebbero stati glorificati da lui, mentre agli altri era riservato l’inferno. E questo per merito di Gesù, suo inviato, uomo come noi ma senza ombra di peccato. E se tale era Gesù, anche sua madre non poteva essere stata contaminata, seppure per un istante, dallo stigma del peccato.
Come non restare perplessi di fronte a una simile costruzione? Noi oggi siamo parte di una società secolarizzata, viviamo gomito a gomito con persone per bene, appartenenti ad altre religioni o senza religione. Anche loro hanno ottenuto una salvezza che si attua già in questo mondo mediante l’impegno non violento per una convivenza basata sulla giustizia e sull’amore, proprio come Gesù ci ha insegnato.
Che dire allora dell’immacolata concezione di Maria? A parte tutto il discorso sul peccato originale, i primi cristiani hanno voluto dare rilievo, accanto a Gesù, a un’immagine femminile nella quale, come dice la prima lettura, si rispecchiano quei valori che fin dall’inizio dell’umanità esprimono la salvezza portata da Gesù. Per questo Maria resta un esempio, non solo per le donne, ma per ogni essere umano.
Anch’io sono rimasta sempre colpita dal coraggio di questa donna – una ragazzina all’inizio della vicenda – che ha accettato non solo una maternità improbabile, ma soprattutto un figlio così fuori dal comune, così “diverso”, fino ad una morte terribile e vergognosa. È un peccato che nei secoli Maria sia stata ridotta, come molte altre figure nel Cristianesimo, ad un santino privo di spessore e di umanità, con gli occhi perennemente rivolti al Cielo, invece che alla realtà concreta nella quale ha saputo vivere con coraggio e determinazione.
Mi sono chiesto da dove Luca ha ricavato gli elementi per comporre la bellissima scena dell’annunciazione. E ho capito che l’evangelista ha voluto proiettare su Maria il cammino di fede delle prime donne cristiane. Purtroppo è un’esperienza che nella società patriarcale in cui è sorto il cristianesimo è andata perduta. Ma sono rimasti degli indizi a cui dobbiamo dare il peso dovuto.
Secondo me la donna, tutte le donne, hanno in mano uno strumento molto efficace per demolire il sistema patriarcale: quello della formazione delle nuove generazioni. Per questo ci vuole saggezza, determinazione, tenerezza, delicatezza di modi e di accenti. Sono sempre più convinto che oggi la palla di un rinnovamento del mondo si trova nel campo femminile. Ma non deve mai mancare la partecipazione convinta e affettuosa di noi uomini. E’ un “gioco” dal cui risultato dipende il futuro delle nuove generazioni.
Grazie Sandro della bella riflessione su Maria donna e madre. Mi ha commosso e mi ha riconciliato con tutte le feste mariane del nostro calendario. Un abbraccio
Dati gli anni in cui sono vissuta – e il carattere – certamente ho condiviso il femminismo, non mi sono fatta mancare Simone de Beauvoir e “L’altra metà del cielo” e certamente non ho accettato la definizione della donna come “angelo del focolare”.
Ho percepito però molto presto, dopo la prima fase del femminismo che chiedeva l’uguaglianza quando è seguita una seconda di rivendicazioni sempre al maschile, che nel movimento femminista c’era qualcosa di potenzialmente divisivo. Non era quella secondo me la strada da percorrere né culturalmente, né religiosamente o politicamente. E infatti ancora oggi appare come una strada incompiuta.
Da far crescere era ed è il rapporto interpersonale uomo-donna e forse l’uomo non sarebbe più arroccato su posizioni patriarcali di potere e non cercherebbe la sua sicurezza nella violenza dimostrando tutta la sua fragilità nel voler eliminare l’oggetto temuto. E la donna vivrebbe serenamente il suo essere donna e il valore della sua femminilità che si esprime anche nella libera scelta della maternità e non può essere diminuito né dalla religione, né dal sistema politico.
Mi sono sempre chiesta se il mito di Maria e di Giuseppe aiuta questa interpretazione …