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Tempo Ordinario C – 11. Domenica

Perdono e amore

La prima lettura di questa domenica propongono il tema del peccato che puà essere concellato solo dall’amore: ma che cosa è veramente il peccato? Nella prima lettura è riportata la conclusione dell’episodio del re Davide che, per impossessarsi di Betsabea, moglie del suo generale Uria, lo aveva fatto morire in battaglia. Per farlo tornare in sé, Natan ricorda a Davide i benefici che Dio gli ha dato. Davide ha peccato perché non ha ricordato quanto aveva ricevuto da Dio. Il peccato consiste dunque nel non ricordare i doni ricevuti e quindi venir meno all’amore che questi suscitano: il profeta Natan gli annunzia la disapprovazione di Dio e lo mette davanti alle sue responsabilità: anche se si pente, Davide non potrà arrestare gli effetti del male compiuto.

Anche nel brano del vangelo si tratta di una donna, la quale offre il suo corpo a pagamento. Per questo è considerata come peccatrice dagli uomini che magari usufruiscono dei suoi servizi. E invece potrebbe essere una delle tante donne che si prostituiscono non certo per il piacere ma per sostenere la propria vita e magari quella dei propri cari. Sono professioniste dell’amore, ma non conoscono il vero amore: sono sfruttate, non amate. Ora il vangelo mostra che Gesù ha saputo far emergere nel cuore di una donna sfruttata e umiliata la potenzialità di amore che esiste nel cuore di ogni essere umano. In Gesù la donna ha scoperto un altro tipo di uomo e ha creduto, si è fidata di lui, ritrovando il desiderio e il coraggio di affrontare la vita in un modo diverso.

Il brano della lettera ai Galati scelto come seconda lettura suggerisce anch’esso una considerazione. Paolo si pone il problema di come si diventa giusti, cioè si realizza la propria personalità in rapporto con Dio e col prossimo. Secondo lui ciò che rende giusto l’uomo non è l’osservanza di una legge, fosse anche di origine divina. L’uomo si salva solo se è capace di credere. La fede è un atteggiamento interiore che apre all’altro e spinge a stabilire con lui un rapporto di amore. Anche Paolo ha scoperto in Gesù l’uomo vero, che è stato capace di amare fino in fondo. Perciò ha avuto fede in lui, si è donato interamente a lui, imparando così ad amare in lui tutti gli esseri umani.

Alla luce di queste letture appare che il peccato non è tanto un’offesa fatta a Dio quanto piuttosto un arresto della crescita di una persona, che si chiude in se stessa e diventa incapace di realizzare se stessa in rapporto a Dio e agli altri. Se le cose stanno così, la salvezza non viene da una legge morale o penale, che impone dei doveri la cui trasgressione provoca il castigo di Dio o della società, ma dal recupero della propria umanità. A tal fine abbiamo bisogno gli uni degli altri. Per Davide è stato il profeta Natan. Per la «peccatrice» è stato Gesù, che si è presentato come l’uomo vero, capace di far emergere quanto di meglio c’era in lei. Noi stessi possiamo svolgere questo compito nei confronti degli altri. Solo un rapporto più fraterno e solidale può prevenire le tragedie che oggi vengono alla ribalta nella nostra società.

Tempo di Pasqua B – 2. Domenica

Un’economia di comunione

Il tema della liturgia di questa domenica viene indicato dalla prima lettura in cui si presenta la condivisione dei beni come esigenza fondamentale della comunione fraterna. Questo infatti è il messaggio che ci proviene dall’esempio dei primi cristiani, membri della comunità di Gerusalemme. In essa gli apostoli proclamavano con forza la risurrezione di Gesù, e i credenti aderivano a questo messaggio diventando un cuor solo e un’anima sola Questo cambiamento interiore si manifestava poi nella loro disponibilità a condividere i propri beni per venire incontro ai bisogni dei più poveri.

Nel brano del vangelo viene riportato il racconto dell’apparizione di Gesù ai discepoli così come è descritto nel vangelo di Giovanni. Anzitutto Gesù conferisce ai discepoli il dono della pace come frutto della sua passione e morte. Inoltre egli li manda nel mondo a perdonare i peccati e per questo dona loro lo Spirito Santo. All’inizio del quarto vangelo, Giovanni il Battista aveva indicato Gesù come l’agnello di Dio che toglie il peccato del mondo; ora egli stesso assegna ai discepoli il compito di lottare contro il peccato in tutte le sue forme. Essi quindi dovranno essere gli strumenti di un grande progetto di riconciliazione di tutti gli esseri umani fra loro e con Dio. Per mezzo loro Gesù vuole attuare una convivenza nuova basata sull’amore. L’episodio di Tommaso è una scena simbolica che ha uno scopo didattico. Con essa l’evangelista vuole dissipare i dubbi di coloro che fanno fatica ad accettare la risurrezione di Gesù come inizio di una vita nuova nella propria persona e nella storia umana. 

Nella seconda lettura si affronta il tema della fede che si concretizza nell’osservanza dei comandamenti di Dio; essi non sono gravosi perché hanno come scopo il bene di tutti i suoi figli. Non tratta semplicemente di aderire a verità astratte o a direttive morali, ma piuttosto di continuare l’opera di Gesù nella storia umana. Inoltre l’autore ci assicura che la nostra fede vince il mondo. Se ci impegniamo nel compito di portare al mondo il perdono di Dio, possiamo essere sicuri della vittoria, nonostante tutte le prove e le sconfitte a cui andremo incontro.

La vittoria del Crocifisso sui poteri del mondo si rende palese nella realizzazione di un grande progetto di riconciliazione che comporta anzitutto un’equa distribuzione dei beni di questo mondo. Si tratta di un’utopia per la quale vale la pena di impegnarsi. Ma ciò sarà possibile solo se sapremo rinunziare a tante forme di superfluo per far sì che altri abbiano il necessario. In questa impresa la comunità cristiana deve essere la palestra nella quale il credente si addestra, imparando a combattere l’ostacolo più grosso che è quello dell’ingordigia umana. 

Tempo di Quaresima B – 4. Domenica

La misericordia infinta di Dio

La liturgia di questa domenica propone alla riflessione il tema della misericordia di Dio. La prima lettura mette però un grosso limite a questo attributo di Dio. In essa infatti si dice che Dio si è stancato dei peccati commessi dal suo popolo Israele e ha mandato contro di esso i babilonesi che hanno distrutto Gerusalemme e il tempio. Per fortuna nella seconda parte della lettura si dice che Dio ha cambiato idea e ha mandato il re persiano Ciro, il quale ha permesso ai giudei di ritornare a Gerusalemme per riedificare il tempio.

Nel vangelo si cambia registro. Parlando con Nicodemo, che era andato di notte a consultarlo, Gesù dice che Dio ha tanto amato il mondo da mandare il suo Figlio perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Anche qui appare però il tema del giudizio. Ma Gesù ci tiene ad affermare di essere venuto a salvare, non a giudicare. Chi non crede in lui condanna se stesso. Rispetto alla prima lettura c’è un notevole passo in avanti. Chi pecca condanna se stesso. Non è Dio che condanna. In lui c’è solo misericordia e perdono.

La seconda lettura abbandona del tutto l’idea del giudizio. Dio ha fatto passare dalla morte alla vita coloro che credono nel Figlio e li ha fatti sedere con lui nei cieli. La salvezza è un dono gratuito che non si ottiene con le opere buone: queste non sono la causa ma la conseguenza della salvezza ottenuta mediante la fede.

Senza renderci conto, noi rappresentiamo Dio in modo umano. Per affermare che Dio perdona bisogna supporre che prima castighi chi sbaglia. Ma Dio non è uno che prima si arrabbia, punisce il peccatore, poi ha compassione e lo accoglie nuovamente perdonando il suo peccato. E neppure un dio che subordina la sua misericordia alle buone disposizioni dell’uomo. È vero piuttosto che la vita di ogni essere umano è fatta di lotte, cadute, limiti e condizionamenti, vittorie e sconfitte. Dio è misericordioso perché non abbandona mai la sua creatura le è sempre vicino per sostenerla e darle una nuova possibilità di ripresa.