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Tempo di Pasqua C – 6. Domenica

Una comunità guidata dallo Spirito

Nella liturgia di questa domenica si mette in luce l’azione dello Spirito che Gesù risuscitato conferisce ai suoi discepoli. Gli apostoli e gli anziani di Gerusalemme hanno preso una decisione fondamentale circa le condizioni richieste ai gentili perché possano aderire al cristianesimo: a loro non viene imposta l’osservanza della legge mosaica, ma solo alcune norme che devono favorire la loro convivenza con i giudei nella medesima comunità cristiana. Sembra poco, ma è stata una mezza rivoluzione che ha permesso il diffondersi del cristianesimo nel mondo greco-romano. Il ricorso all’autorità dello Spirito santo non vuole dire che questa decisione sia stata rivelata agli apostoli, ma piuttosto che a essa sono giunti in forza di una riflessione sul Vangelo alla quale ha partecipato tutta la comunità. È in questa capacità di riflettere e di decidere insieme che si manifesta l’azione dello Spirito.

Nel brano del vangelo Gesù promette la venuta dello Spirito santo e lo presenta come il Paraclito, cioè colui che testimonia e rende attuale il messaggio di Gesù nella comunità e in tutti i suoi membri. In altre parole lo Spirito è il maestro interiore dei credenti. Il suo compito non è quello di rivelare cose nuove, ma quello di ricordare quanto ha detto Gesù, allo scopo di assimilare più profondamente il messaggio. I credenti devono mettere la parola e l’esempio di Gesù al centro della loro meditazione, in modo da scoprirne il vero significato ed essere coinvolti nel suo cammino verso il Padre. Da ciò appare che il Vangelo non è una legge da eseguire ma un messaggio che deve essere compreso sempre meglio sotto lo stimolo di nuove circostanze o culture. A volte è la società stessa che spinge a una migliore comprensione del messaggio di Gesù. Tutto questo però avviene sotto la guida dello Spirito di Gesù che opera nella comunità e si manifesta proprio nel costante riferimento al suo Vangelo.

Nella seconda lettura continua la riflessione cominciata domenica scorsa sulla Gerusalemme celeste. Questa città rappresenta simbolicamente la chiesa degli ultimi tempi, che deve essere presa come modello della nostra comunità. Sulle sue porte sono scritti i nomi delle dodici tribù di Israele mentre i basamenti portano il nome dei dodici apostoli di Gesù. Ciò significa che la Chiesa attinge all’esperienza di Israele e a quella dei primi discepoli di Gesù, i quali sono i testimoni diretti del suo insegnamento.

In ogni epoca i cristiani sono chiamati a dare, alla luce del Vangelo, una risposta ai grandi problemi che si pongono nella società in cui vivono. Per giungere a una soluzione condivisa è necessario che si confrontino punti di vista diversi. È questo che si intende quando si parla di collegialità e di sinodalità. Al dibattito però devono partecipare non solo i membri della gerarchia, ma tutti i fedeli, in dialogo anche con tutti gli uomini e le donne di buona volontà. Perciò è necessario adottare strutture di partecipazione. È proprio in questo lavoro di ricerca che si manifesta l’azione dello Spirito che non agisce in modo miracolistico ma attraverso la creazione di un orientamento comune.

Tempo Ordinario B – 19. Domenica

Il Maestro interiore

La liturgia di questa domenica propone il tema dell’esperienza di Dio. Al profeta Elia, che fugge perché la regina Gezabele lo vuole far uccidere, Dio gli indica la strada verso la sacra montagna, l’Oreb, dove si manifesterà a lui. Al tempo stesso gli dà un cibo che lo sostiene nel lungo cammino che dovrà percorrere. L’Oreb è un altro nome per indicare il monte Sinai ai piedi del quale Dio ha fatto con il popolo di Israele un’alleanza. Elia deve dunque risalire alle origini dell’esperienza religiosa del suo popolo. E’ un cammino interiore che deve fare da solo. Ma Dio gli è accanto e lo sostiene nei momenti di sconforto e di paura.

Nel brano del vangelo Gesù dice: «Nessuno può venire a me se non lo attira il Padre mio». E soggiunge: «Sta scritto nei profeti: E tutti saranno istruiti da Dio». Poi sottolinea nuovamente: «Chiunque ha ascoltato il Padre viene a me». Il piano di Dio è dunque quello di condurre a sé tutta l’umanità. Perciò ha affidato al suo Figlio il compito di dare a tutti un insegnamento interiore che consiste nel saper ascoltare la voce dello Spirito. In altre parole egli conduce a Cristo quelli che lo cercano perché possano ottenere per mezzo suo quella istruzione interiore che è simboleggiata nella metafora del pane di vita. Gesù è il pane di vita in quanto è lui stesso la Parola che si dona e scava nel cuore degli uomini.

Nella seconda lettura, tratta dalla lettera agli Efesini, viene proposto un nuovo modo di vivere che è frutto dell’esperienza interiore dello Spirito. Per il credente esiste il rischio di rattristare lo Spirito, mettendo al suo postro dottrine e regole di vita imposte dall’esterno. Lo scopo della vita cristiana è invece quello di fare un’esperienza interiore di Dio in modo tale da diventare suoi imitatori. Ciò significa imparare da Cristo, prendendo come punto di riferimento i suoi pensieri e le sue scelte.

Per noi cristiani c’è sempre il rischio di imporre dottrine e regole di vita prestabilite, presentandole come rivelazione di Dio, raccolte magari in prontuari (catechismi) da memorizzare. Ciò che importa invece è aiutare la persona a rientrare in se stessa e a scoprire in sé i valori a cui ispirarsi. E’ questo il compito che si è assunto Gesù e che ha trasmesso alla sua comunità.