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Tempo Ordinario B – 18. Domenica

Il banchetto della vita

La liturgia di questa domenica richiama l’attenzione sulla metafora del banchetto come luogo in cui i credenti si incontrano con Dio. Nella prima lettura si ricorda il dono della manna, il pane disceso dal cielo, segno della misericordia di Dio, che il popolo aveva consumato nel deserto in spirito di obbedienza a lui e di comunione fraterna. Nella Bibbia il banchetto è l’ ambito in cui si è attuata l’alleanza sinaitica e un giorno si concluderà l’alleanza finale. Un significato analogo era attribuito al banchetto pasquale consumato in occasione della liberazione dall’Egitto, Il ricordo di questi banchetti che avevano segnato la storia di Israele era tenuto vivo dalla celebrazione annuale della Pasqua e dai pasti che accompagnavano i sacrifici del tempio.

Su questo sfondo si comprende il discorso che l’evangelista Giovanni attribuisce a Gesù dopo il racconto della moltiplicazione dei pani. Anzitutto Gesù rimprovera i suoi ascoltatori perché sono attratti unicamente dal pane materiale e non sanno scoprire il significato spirituale del pane che Dio conferisce loro. Sotto l’immagine del pane Gesù offre la sua persona, portatrice della salvezza significata nel dono della manna. È lui il vero pane venuto dal cielo, quello che dà la vita eterna, che essi devono mangiare se vogliono ottenere la salvezza. Ma devono essere consapevoli che questo pane si mangia unicamente con la fede, che significa identificarsi con lui e attuare nel mondo il suo messaggio di amore. Su questa linea i vangeli sinottici narreranno l’ultima cena come il momento in cui Gesù si è dato ai suoi discepoli come via dell’incontro con Dio.

Nella seconda lettura si sottolinea, in sintonia con quanto afferma il brano evangelico, che noi abbiamo “imparato Cristo”, cioè gli abbiamo dato ascolto, da lui abbiamo imparato ad abbandonare l’uomo vecchio che si corrompe seguendo le passioni ingannevoli e a rivestire l’uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella santità. In questo passaggio dall’uomo vecchio all’uomo nuovo si attua un vero cammino di fede.

I giudei di Cafarnao cercano Gesù perché vogliono ottenere da lui il pane di cui hanno bisogno per sopravvivere. Gesù invece vuole condurli dalla preoccupazione per i propri bisogni da soddisfare alla ricerca di un pane vivo, che consiste nell’impegno costante per la giustizia, cioè per il bene vero di tutti. Per questo dà a loro se stesso come guida e sostegno e li fa partecipi della sua fede in un mondo migliore. Egli propone loro una crescita spirituale in forza della quale potranno procurarsi anche il pane materiale, non per se stessi soltanto ma per tutti

Tempo Ordinario B – 13. Domenica

Una vita piena di significato

La liturgia di questa domenica propone di riflettere sul significato che ha la vita umana nella prospettiva ineludibile della morte. Nella prima lettura l’autore afferma che Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi. Secondo lui la giustizia è immortale e chi la pratica gode il privilegio dell’incorruttibilità; la morte è entrata nel mondo per invidia del diavolo e ne fanno esperienza solo quelli che sono dalla sua parte. La vera morte non è dunque quella fisica ma quella che è causata dal peccato che è mancanza di amore. Ma per vincere il peccato e godere di una vita piena è necessario accettare la propria morte, non solo quella finale ma anche le piccole morti quotidiane che consistono nell’accettazione del proprio limite.

Nel brano del vangelo si racconta in stretto collegamento l’uno con l’altro due miracoli di Gesù: la guarigione di una donna che soffriva da 12 anni di perdite di sangue e la risurrezione di una bambina, anch’essa di 12 anni. La donna soffriva non solo per la sua malattia ma anche a causa dell’isolamento a cui essa la costringeva in quanto causa di impurità: nonostante fosse viva era praticamente morta. Guarendola, Gesù la riporta a una vita piena. Ciò che provoca questo cambiamento profondo è la fede della donna. Anche la bambina è riportata in vita in forza della fede dei suoi genitori. Ma nei due casi di che fede si tratta? Gesù non pensa certamente alla fiducia nella sua capacità di fare miracoli e tanto meno all’accettazione di particolari dottrine, ma a un atteggiamento del cuore per cui uno è aperto a Dio, alla vita, all’amore e quindi a tutti gli esseri umani: è questa la fede che Gesù si attende come risposta al suo annunzio che ha per oggetto la venuta imminente del regno di Dio. Essa ci salva perché ci guarisce dall’egoismo e ci mette in una sintonia profonda con quelle realtà superiori che danno un senso alla vita. 

La seconda lettura mostra invece come Cristo, invece di ricercare onori e gloria, abbia accettato la povertà e i limiti della natura umana, e quindi la morte in croce, mostrando così in che cosa consista la vera gloria. Questa povertà, frutto di solidarietà, è quella che ci ha arricchito perché ci ha fatto scoprire i veri valori della vita. 

In passato si considerava la vita in questo mondo come una semplice parentesi nella quale è importante rinunziare a tante cose in vista della beatitudine eterna del paradiso. Ora non è più così. Siamo diventati consapevoli che la vita è importante in se stessa, ma soltanto se ha senso. Questo senso si scopre solo se si accetta la propria morte riconoscendosi come creature limitate e bisognosa dell’Altro e degli altri e quindi capaci di donarsi in un atteggiamento di amore sincero. Chi non accetta la propria inevitabile fine precipita nell’egoismo e nella disperazione.  

Santissima Trinità B

L’unico vero Dio

Il tema delle letture di questa festa non è, come ci si potrebbe aspettare, il dogma della Trinità ma quello della manifestazione dell’unico Dio nella persona umana di Gesù. Nella prima lettura è riportato un brano del Deuteronomio che può essere considerato come la proclamazione dell’unicità di Dio. Non si tratta però di una concezione filosofica, astratta, ma dell’esperienza di Dio che gli israeliti, guidati dai profeti, hanno fatto a partire non solo dalla bellezza e dall’armonia del creato, ma anche e soprattutto dalla loro storia tribolata. La fede nell’unico Dio si è così tradotto nel progetto di costruire una vita sociale basata sulla giustizia e sulla solidarietà.

Nella lettura del vangelo Matteo racconta che Gesù, dopo la risurrezione, è apparso ai suoi discepoli su un alto monte e li ha inviati in tutto il mondo a insegnare e a fare nuovi discepoli. Il compito di guida alla scoperta di Dio, un tempo affidato ai profeti, era stato svolto in modo speciale dal loro Maestro, il cui insegnamento aveva trovato il suo pieno significato nella sua morte e risurrezione. Ora essi ricevono il compito di annunziare a tutto il mondo l’esperienza che avevano fatto a contatto con lui, perché a tutti fosse reso possibile l’incontro con Dio di cui egli era stato l’annunciatore. A Gesù viene attribuito anche l’ordine di conferire a coloro che avrebbero creduto in lui il battesimo, nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito santo. Questo rito significa che a quanti aderiscono a Gesù è aperta la strada all’incontro con Dio. Il riferimento allo Spirito santo significa che questo incontro non è superficiale ma implica una profonda trasformazione interiore.

L’azione dello Spirito è illustrata nella seconda lettura. Essa consiste in una diversa percezione di Dio, visto non più come l’onnipotente a cui stare sottomessi ma come un Padre che ama i suoi figli. È mediante lo Spirito che il credente diventa partecipe del rapporto filiale che Gesù ha con Dio.

Fin dall’infanzia noi siamo stati abituati a considerare la Ss. Trinità come il culmine della nostra fede senza chiederci che cosa significhi per noi: era convinzione comune che si trattasse di un mistero che, come tale, non si può spiegare. Ma bisogna ricordare che la Trinità è pur sempre un’immagine con la quale uomini di tanto tempo fa hanno cercato di descrivere con categorie umane l’azione indescrivibile di Dio nel mondo. In realtà la Trinità significa che nell’esperienza umana di Gesù si è manifestato il Dio invisibile che si rapporta a noi come un Padre, cioè, fuori metafora, come colui che rappresenta i valori fondamentali nei quali troviamo il senso della nostra vita: e da questo rapporto sgorga in noi quella forza interiore che chiamiamo, sempre con una metafora, lo Spirito santo. Se uno fa questa esperienza sarà portato a condividerla con chiunque, senza pretese o pregiudizi.