Domenica delle Palme – A
In questa questa domenica delle Palme viene letto per intero il racconto della passione di Gesù secondo Matteo. Il tema predominante, è quello della non violenza, che è segnalato dalla prima lettura. In essa viene riportato il terzo carme del Servo del Signore. Per capire questo personaggio bisogna ricordare che si tratta di una figura di leader politico-religioso che si è battuto per la liberazione del suo popolo, diviso e disperso nell’esilio. Egli si trovava in una situazione in cui sarebbe stato spontaneo imporre un «regime» dittatoriale agli esuli e suscitare una ribellione violenta contro coloro che detenevano il potere. Il Servo invece fa leva sul ritorno alle proprie radici religiose e sulla fede nel Dio liberatore, puntando sul ritorno a valori condivis ed evitando una ribellione violenta nei confronti delle autorità straniere. Questo comportava per lui la disponibilità ad accettare su di sé la violenza che esplodeva nelle persone e nella società senza difendersi con mezzi ugualmente violenti.
La non violenza è anche la prospettiva con la quale Matteo legge la passione di Gesù. A tal fine egli aggiunge al racconto di Marco, che riporta integralmente, alcuni brani che mettono in luce il suo pensiero. Due sono particolarmente significativi, uno all’inizio e l’altro alla fine del racconto. Anzitutto all’inizio, quando Gesù sta per essere arrestato nell’Orto degli Ulivi, qualcuno dei suoi tenta una resistenza armata, ma Gesù lo blocca con due argomenti: chi di spada ferisce di spada perisce; si devono compiere le Scritture che hanno predetto ciò che doveva accadere. Si tratta di una forte presa di posizione in favore della non violenza, indicata come la strada voluta da Dio per attuare la salvezza. Poi alla fine, la morte di Gesù viene accompagnata da uno sconvolgimento cosmico, e molti corpi di santi ritornano in vita: inizia così simbolicamente la risurrezione dei morti con cui il regno di Dio viene inaugurato. Sono questi segni che spingono un centurione romano, primo dal mondo delle nazioni, a riconoscere che Gesù è veramente il Figlio di Dio. Il metodo non violento adottato da Gesù ha avuto dunque un risultato strepitoso.
Nella seconda lettura Paolo presenta ai cristiani di Filippi, come esempio da adottare nella loro vita comunitaria, l’esperienza umana di Gesù che ha rinunziato a ogni potere umano accettando l’umiliazione della croce; per questo egli è stato esaltato al di sopra di tutti gli esseri creati. La pratica della non violenza non solo ha successo, ma è essa stessa la più grande manifestazione della dignità umana.
In un mondo in cui domina ancora la violenza, la passione di Gesù è un segno di riconciliazione e di pace, ma anche una forte messa in guardia: la non violenza è l’unica arma efficace per portare la pace non mondo. Ma si tratta di una scelta che ha dei costi e richiede un grande coraggio.
Certo i primi cristiani avranno avuto qualche difficoltà a presentare come Salvatore un uomo crocifisso come terrorista dalle legittime autorità romane. Per aggirare l’ostacolo è bastata una fake news: chi ha voluto la sua morte sono stati sacerdoti perversi, che non volevano riconoscere in lui il Figlio di Dio, e l’hanno deferito alle autorità romane come un ribelle pretendente al trono; e Pilato, il procuratore romano, pur non avendo riscontrato in lui alcun crimine, ha dovuto cedere alle loro insistenze condannandolo al supplizione della croce. Una piccola bugia, certo a fin di bene. Ma oggi noi sappiamo che il Pilato dei vangeli non è quello della storia: ombroso, violento e senza scrupoli; e nei vangeli scopriamo che il «buon Gesù» non solo ci ha amati (ma come?) ma si è opposto a un potere iniquo e ha combattuto per la giustizia e i diritti di ogni figlio di Dio. E intanto per secoli si è propagata la leggenda dei «perfidi giudei», con tutte le conseguenze del caso.
Spiegare la morte di Gesù agli ebrei era invece più facile. Innumerevoli erano stati nella storia del loro popolo coloro che avevano dato la vita per difendere i valori sociali di giustizia e di solidarietà promulgati nella legge data da Dio. La loro morte era stata considerata come il vero sacrificio gradito a Dio, che riscattava tutto il popolo dalla viltà dell’ossequio ai potenti. Ma poi fior di teologi hanno fatto una scoperta: Gesù avrebbe sostituito l’agnello sacrificale, assumendo su di sé la punizione dovuta ai nostri peccati. Bella trovata! Ma che brutta immagine di Dio ne è venuta: un padre che vuole la morte del figlio innocente al posto dei colpevoli.
Oggi i discepoli di Gesù devono riscoprire la sua passione per un mondo più giusto, in cui a tutti siano riconosciuti pari dignità e pari diritti, anche agli «scarti» della nostra società e di continenti lontani, i quali sono esseri umani, figli di Dio, come noi. Un cristianesimo che non si accontenta di beneficienza, ma che sa «entrare in politica», non per ottenere privilegi, ma per cambiare il mondo alla luce del vangelo.
Mi sembra che le letture di questa domenica mettano in evidenza due modi in cui si può essere violenti. Usare una violenza diretta nei confronti dell’altro, ma anche indiretta, rendendo l’altro violento per la nostra mancanza di attenzione. In questo momento di estrema difficoltà sono tante le persone letteralmente alla fame. Si sono istituiti i “Buoni spesa” che il Comune deve mettere a disposizione di chi ne fa richiesta (con un sistema di regole previste) aiutato dal volontariato e dal terzo settore. A Padova, da poco nominata “capitale del volontariato” dal presidente Mattarella, un massiccio numero di volontari e un sindaco che dice” in un momento di tale emergenza non posso attendere un momento per diventare operativo” i buoni spesa sono già stati distribuiti. In Sicilia dei disperati stanno rompendo vetrine e rubando carrelli pieni di spesa perché lì, come in larga parte d’Italia, il meccanismo distribuzione si è bloccato. Questa per me è violenza indotta di cui siamo tutti colpevoli. Non ho parlato della Passione in senso teologico, ma della passione di chi ha fame.