Il senso della vita
Qualche giorno fa, nella notte tra il 21 e il 22 dicembre, due ragazzine, Gaia e Camilla, ambedue sedicenni, sono state investite e uccise da un automobilista. Al funerale la sorella di Camilla ha detto: “Eri la piccola di casa. Qualche giorno fa ci avevi chiesto quale era il senso della vita e non ti ho saputo rispondere. Ecco, adesso lo dico: il senso della vita sei tu”. Questa frase mi ha molto colpito. Mi sono chiesto come mai la sorella più grande non aveva saputo rispondere alla domanda di Camilla. Forse non ci aveva mai pensato. Non credo. La risposta è un’altra. Effettivamente la vita non ha nessun senso. E’ un mistero, un’enigma incomprensibile. Non sappiamo da dove veniamo, che cosa ci stiamo a fare in questo mondo, dove andiamo a finire dopo la morte. Buio completo. La vita non ha nessun senso se non quello che riusciamo a darle noi. Ma non è facile e non si arriva mai a una risposta definitiva. In altre parole il senso della vita sta proprio nella ricerca di un senso che non c’è ma che noi vogliamo darle. Una ricerca difficile che a volte non si vuole affrontare. Si rimuove la domanda stessa. Ma allora l’alternativa è unica: la droga. E di droghe ce ne sono tante: non c’è che l’imbarazzo della scelta. E se non si trova una droga soddisfacente (e la droga non dà se non sprazi fugaci di soddisfazione) allora non resta altro che la depressione di una vita senza senso.
Ho letto oggi sul “Corriere” un articolo intitolato “Il senso dei Greci per la vita”. L’autore, Emanuele Trevi, parte da un’affermazione di Aristotele per cui l’individuo mortale può sopravvivere soltanto in qualcuno simile a lui, attraverso la riproduzione. Trevi afferma poi: “Forse l’uomo felice, il vero sapiente … è colui che sente il prevalere della specie sulla singolarità, sull’illusione di essere qualcuno in particolare e non un altro, quello che ci sta davanti o dietro nella fila. Forse la più alta filosofia è quella di chi sa dirsi: del senso della mia vita non mi importa più nulla, non è colpa mia se ne è priva”.
È un approccio affascinante al problema, sembra risolverlo alla base dicendo ad ognuno di noi: ” Non darti troppa importanza come individuo umano, hai nel cosmo la stessa importanza di una pianta sradicata dalla corrente o di un animale divorato da un altro.”
È affascinante, è vero, ma come far poi tacere dentro di noi il fondamentale bisogno di dare senso al nostro passare nel mondo, un bisogno profondo nel nostro animo come quello di essere amati? Come accettare questa visione senza cadere in una paralizzante disperazione?
Cara Sandra,
hai ragione, la comunicazione è molto importante perché ci aiuta anche a leggere meglio dentro noi stessi.
Diceva Neruda: “Ognuno ha una favola dentro che non riesce a leggere da solo: ha bisogno di qualcuno che con la meraviglia e l’incanto negli occhi, gliela legga e gliela racconti:”
Sebbene mi senta un po’ a disagio ogni volta che ne parlo, desidero dare comunque la mia testimonianza, sperando possa essere di conforto e incoraggiamento per qualcuno.
La mia gioia è data dal colloquio continuo con l’Alto (non oso chiamarlo Dio…): è un dialogo così costante da farmi sentire mie le parole di Etty Hillesum quando scrive di vivere “in intimità con Dio”.
Questo contatto così profondo, ma così semplice e naturale al tempo stesso, è fatto soprattutto di ringraziamento: da tempo ormai la parola GRAZIE è il mio mantra, che mi accompagna anche quando cammino, guido, o faccio qualsiasi attività. Questo ringraziamento mi riempie di gioia crescente, facendomi sentire totalmente protetta e custodita.
In questa relazione tanto intima, io “sento” che ogni cosa è perfetta e che non appena l’uomo entra nella dimensione dell’Amore, ogni forma di ingiustizia e guerra non avrebbe piu’ motivo di esistere, perché l’ego lascerebbe il posto all’UNO. In questa sacra dimensione, “sento” anche che ogni cosa non accade per caso, ma secondo una Intelligenza superiore che tutto conosce.
Così, mi affido…
“Il senso della vita”: tante volte non si affronta l’argomento, anche tra amici, per paura di cadere nella retorica. Io vorrei fare mia una frase tratta dall’ultima lettera di Baden Powell; mi pare che esprima in poche parole e senza retorica il senso che, con tutti i miei limiti, ho cercato di dare alla vita: ” Preoccupatevi di lasciare questo mondo un po’ migliore di come lo avete trovato e, quando verrà la vostra ora di morire, potrete morire felici nella coscienza di non aver sprecato il vostro tempo, ma di aver fatto del vostro meglio”.
Certo questo non risponde alle altre domande fondamentali: da dove veniamo e, soprattutto, dove andremo a finire, ma io non voglio credere che tanto bene, tanto coraggio, in una parola tanto amore, saranno definitivamente ingoiati dal freddo e dal buio della morte. Non ce n’è alcuna prova, e forse la ragione dice il contrario, ma voglio credere che in un’altra dimensione, a noi del tutto sconosciuta, la parte migliore di noi, l’amore che abbiamo dato e ricevuto cercando di non sprecare il tempo a noi concesso, possano in qualche modo sopravvivere.
Rita, il tuo intervento è certamente più concreto del mio; mi ritrovo nelle tue parole. Ti sento anche più tranquilla di quanto lo sia io nel parlare della speranza in un’altra dimensione, in cui speri che il bene che si è compiuto non venga disperso. Da una religione tradizionale, gradatamente, in parte studiando, in parte dialogando con me stessa – come dico nella mia riflessione – sono arrivata veramente all’essenziale di quello che può essere un credo religioso, eppure mi sembra di non essere mai arrivata, potrei definire la mia fede una ricerca continua. Forse, perché la ricerca è fatta di studio e silenzio. ma anche di emozioni e nuove intuizioni, ogni giorno sento che qualcosa cambia o si aggiunge. Anche per questo, credo, sento tanto importante il confronto con altre persone.
Siddharta Gautama detto ii Budda :”Qualunque cosa un monaco frequentemente pensi e consideri, quella diventerà l’inclinazione della sua mente”.
Plotino: “Ogni anima è e diventa ciò che guarda”
Sandro Sacchi: “La vita non ha nessun senso se non quello che riusciamo a darle noi”.
Sandro è nella linea di queste autorità spirituali del passato e ci apre la strada ad una ricerca autentica e coraggiosa.
Penso infatti che la possibilità e la capacità di connettersi con il Mistero dipende solo da noi, dalle nostre scelte: il senso della vita è una dimensione di me, è frutto del mio lavoro interiore, di quanto penso e oso.
Ci sono persone che sentono il bisogno di porsi domande esistenziali ed altre a cui basta vivere e seguire il proprio istinto, di bene, di giustizia …
Io mi ritrovo tra le prime e mi conforta la frase di Norberto Bobbio “la differenza rilevante non passa tra credenti e non credenti, ma tra pensanti e non pensanti”, frase ripresa poi dal cardinale Martini.
Sento come esigenza imprescindibile del mio essere, il dialogo silenzioso con me stessa, silenzio che non mi fa sentire sola, ma piuttosto nell’espansione massima della relazione, che poi desidero realizzare concretamente nel mio quotidiano.
Mi piacerebbe, mi sarebbe di grande aiuto che questo blog, su un tema così vitale per ciascuno di noi, si arricchisse di altre voci, di altre esperienze: proviamo un confronto?
Anche questo è aiutarsi tra fratelli, non solo “le opere di carità”, anzi attraverso la realizzazione di un dialogo e di un confronto troveranno anche queste una motivazione più profonda e autentica.
Anche questa condivisione di pensiero e di esperienze è cercare il senso della vita.
PS: io sono una sbrodolona, ma per dialogare sono sufficienti poche parole e poco tempo, ognuno con il suo stile.