Festa della Trasfigurazione
La festa della trasfigurazione la prima lettura ci riporta a un tempo di gravi tensioni in cui il popolo giudaico si è trovato a causa della persecuzione del re Antioco IV Epifane /2015-164 a.C.). In questo contesto la visione di Daniele rappresenta una forte contestazione degli imperi di questo mondo, rappresentanti come potenze demoniache che al momento stabilito vengono distrutte. Al loro posto Dio stabilisce il suo regno mediante un suo rappresentante, al quale affida il compito di attuare quei principi di giustizia e di solidarietà che ispirano la sua azione nel mondo.
Il racconto della trasfigurazione fa seguito a un brano in cui Gesù chiede ai discepoli: «Chi dice la gente che io sia? Cosa ne dite voi? Essi rispondono che la gente lo considera un profeta, loro invece vedono in lui il messia. Ma Gesù non si pronunzia e preferisce preannunziare la sua passione e la sua morte, seguita dalla risurrezione (Mc 8,27-31). Nel racconto della trasfigurazione viene data una risposta più esplicita alla domanda sull’identità di Gesù, facendo riferimento alle immagini dell’Antico Testamento, ben note ai primi cristiani, tutti di origine ebraica. Le vesti di Gesù, diventate straordinariamente bianche, indicano che egli è un personaggio trascendente, in cui Dio si rivela. Elia e Mosè, apparsi accanto a lui, sono coloro che, nella Bibbia, rappresentano la corrente profetica e la legge di Dio. Gesù è presentato in dialogo con loro, per significare che egli non nega il loro messaggio, ma lo porta a compimento. L’apparizione della nube ricorda il figlio dell’uomo, di cui si parla nella prima lettura, il quale riceve da Dio il regno e la potenza. Infine Dio stesso interviene, nella nube, a indicare la vera identità di Gesù: egli è il suo figlio prediletto, cioè il Messia atteso dai suoi connazionali. Si saldano così l’Antico e il nuovo Testamento: il primo non è eliminato ma è portato a compimento.
Alla fine del racconto resta solo Gesù. La legge e i profeti sono scomparsi. In lui soltanto si concentra tutta la rivelazione di Dio. Ciò che interessa al narratore non è però l’esaltazione della persona di Gesù, ma l’invito ad ascoltarlo, che proviene da Dio stesso, rappresentato dalla nube: anche nell’Antico Testamento Dio aveva invitato gli israeliti ad ascoltare i profeti, suoi rappresentanti (cfr. Dt 18,15).
Nei confronti di Gesù, nonostante il suo rapporto con Dio che lo fa più grande di Mosè e dei profeti, non sono dunque richiesti atti di culto, ma l’adesione al suo messaggio e l’impegno quotidiano per seguirlo nel suo cammino verso la croce. Questo tema è ripreso nella seconda lettura, dove il messaggio dei profeti viene presentato non come un’anticipazione ma come la conferma di ciò che Gesù è stato e ha detto.
Sarebbe bello se anche noi potessimo avere delle visioni, come è accaduto al profeta Daniele o a Pietro, Giacomo e Giovanni. In effetti ci sono ancora oggi persone che vantano di aver avuto delle visioni e trovano tanti che si lasciano convincere dai loro racconti. Resta il dubbio che non si tratti di eventi visivi ma semplicemente della trasposizione in immagini di forti esperienze interiori. E come tali devono essere interpretate le visioni di cui si parla in queste letture.
Daniele esprime in modo visivo ciò che era oggetto delle speranze dei giudei del suo tempo: la sconfitta degli imperi che avevano soggiogato Israele e la venuta di un uomo che avrebbe dato inizio ai tempi messianici. Nella visione dei tre discepoli si dà corpo invece alla fede nel rapporto speciale che Gesù esaltato ha avuto con la tradizione giudaica. Mosè infatti era il legislatore, che aveva dato a Israele la legge di Dio; Elia invece era il primo dei grandi profeti che avevano richiamato il popolo alla fedeltà verso Dio e avevano annunziato il castigo che attendeva il popolo peccatore.
Gesù si situa in mezzo a questi due famosi personaggi e dialoga con loro. Ciò significa che egli apprezza la legge mosaica, in cui sono contenute importanti direttive di vita, e condivide il messaggio dei profeti che richiamavano il popolo alle sue responsabilità. Ma alla fine questi due personaggi scompaiono e resta solo Gesù. La legge è valida, gli appelli dei profeti sono urgenti, ma né l’una né gli altri hanno mai salvato l’umanità dal baratro chi stava per cadere.
Con Gesù le cose cambiano: lui non è un legislatore e neppure un profeta ma una persona viva che fa le sue scelte e indica una strada che lui stesso ha percorso per primo. Perciò la voce di Dio lo indica come il suo Figlio prediletto e invita i discepoli ad ascoltarlo. Non a obbedirgli, come se promulgasse precetti analoghi a quelli della legge o facesse suoi gli appelli accorati dei profeti. L’ascolto è la prima parte del dialogo: se ascoltiamo la sua voce che risuona nel nostro intimo possiamo accogliere il suo insegnamento e applicarlo alla nostra vita. Ma soprattutto possiamo camminare con lui nella libertà dei figli di Dio.