Mese: Luglio 2022

Tempo Ordinario C – 19. Domenica

Non abbassare la guardia

La liturgia indica come tema di questa domenica la vigilanza. Nella prima lettura si afferma che la liberazione degli israeliti dall’Egitto corrispondeva a un progetto di Dio, che era stato preannunziato ai loro padri. Essi hanno creduto e si sono preparati alla sua realizzazione. A tal fine si sono impegnati ad osservare una legge divina, in forza della quale tutti avrebbero partecipato in misura uguale agli stessi i beni ed agli stessi pericoli. Essi dunque si sono preparati non facendo ricorso alle armi ma praticando quella giustizia e quella solidarietà che erano il vero scopo della loro liberazione.

Nel brano del vangelo, Luca riporta le parole di Gesù sulla vigilanza interpretandole in funzione delle attese dei cristiani del suo tempo. Costoro pensavano che il Signore sarebbe presto ritornato per instaurare il regno di Dio ed erano profondamente delusi perché ciò non si era ancora verificato. A loro l’evangelista ricorda che Gesù si era rivolto ai suoi discepoli chiamandoli «piccolo gregge» e aveva annunziato che Dio avrebbe concesso loro il suo regno. Essi dunque, come gli ebrei dell’esodo, devono anticiparne la venuta mediante la loro comunione fraterna. Perciò li invita, con un’espressione iperbolica, a vendere i propri beni e a dare il ricavato ai poveri, cioè a condividere le loro risorse con i meno fortunati; solo così potranno farsi un tesoro nei cieli, cioè cominceranno a vivere fin d’ora secondo i valori del regno di Dio. Nella seconda parte del brano si insiste sulla vigilanza portando tre immagini: un padrone che tornando a casa tardi nella notte e trovando i suoi servi ancora svegli, li fa mettere a tavola e li serve lui stesso; un altro padrone che, aspettandosi una visita notturna dei ladri, non cessa di vigilare tutta la notte; infine un amministratore che è punito perché il suo padrone, tornando di sorpresa, lo trova a percuotere i servi, a mangiare e a ubriacarsi.

Nella seconda lettura, tratta dalla lettera agli Ebrei, si parla della fede che ha come oggetto le cose che non si vedono, cioè la venuta del regno di Dio promesso prima dai profeti e poi da Gesù. Chi crede è certo che il progetto di Dio si realizzerà, anche se ora ciò non appare. L’autore illustra il suo pensiero portando l’esempio di Abramo e di Sara i quali, pur essendo vecchi, hanno creduto che Dio avrebbe dato loro un figlio dal quale sarebbe nato un popolo numeroso. Quando poi è nato il figlio promesso e Dio ha chiesto loro di offrirlo in sacrificio, essi non hanno esitato a obbedire, sapendo che Dio è capace persino di far risorgere i morti.

La vigilanza non consiste tanto nel prepararsi alla morte che potrebbe venire da un momento all’altro, quanto piuttosto nel non scoraggiarsi se si è rimasti in pochi e sembra che il male abbia il sopravvento. Infatti il regno promesso da Gesù si sta già realizzando: bisogna aprire gli occhi e vedere i segni della sua venuta. Vigilare significa dunque non cedere alla tentazione di fare come fanno tutti, lasciandosi andare al sopruso, alla corruzione o magari solo all’inerzia e al menefreghismo.

Tempo Ordinario C – 18. Domenica

La tragedia dell’ingordigia

La liturgia di questa domenica propone alla nostra riflessine il tema dell’ingordigia e dei danni che provoca nella società. Nella prima lettura un autore poco conosciuto, il Qoelet, afferma che tutte le cose di questo mondo sono vanità, cioè un soffio che si dissolve nel nulla. In questo testo si mette in discussione non l’onesto impegno per guadagnarsi la propria esistenza, ma l’affannarsi per avere sempre di più, senza rendersi conto che un giorno si dovrà lasciare tutto.

Nel brano del vangelo, Gesù indica nell’ingordigia il male più grande che colpisce la persona e la società. Egli sottolinea la stoltezza del voler accumulare sempre più beni materiali, soldi o cose. A che cosa servono? Molte volte ci si giustifica pensando di avere un giorno la possibilità di godersi in pace i propri beni. Ma non bisogna farsi illusioni. Il campanello suona quando meno ci si aspetta. Nessuno può portarsi nell’altro mondo ciò che ha accumulato quaggiù. Questo vale anche per i pochi miliardari, che sottraggono alla collettività quantità enormi di danaro. Quando uno si arricchisce oltre un certo limite non può essere onesto. Ma anche chi non si arricchisce deve farsi il suo esame di coscienza, perché la cupidigia può annidarsi anche nel cuore di chi non possiede grandi ricchezze. Tutto dipende dalla gerarchia di valori a cui facciamo riferimento.

Nella seconda lettura si parla della nuova vita che Gesù ci ha acquistato. Non si tratta in primo piano della vita dopo la morte, ma di un nuovo modo di essere che si attua a partire da quaggiù. Abbiamo il privilegio di essere risorti con Cristo. Ma dobbiamo mettere tutto il nostro impegno per essere veramente con lui, imparando a fare un uso appropriato delle cose materiali: l’ingodigia è già in se stessa un’idolatria.

La crisi attuale, in tutti i suoi diversi aspetti, finirà quando si saprà vincere l’ingordigia che affligge l’umanità. Ciò esige che si correggano i meccanismi del mercato, in modo che non si creino sperequazioni eccessive tra cittadini e tra nazioni. Ma a monte è necessario che noi, come individui e come società, scegliamo la strada della sobrietà e della condivisione, invece di quella del profitto e dei consumi. Per arrivare a ciò non sono sufficienti i meccanismi economici. Ci vuole una vera conversione del cuore.

Tempo Ordinario C – 17. Domenica

La preghiera

Viviamo in un’epoca di grandi tragedie che rischiano di sommergerci nell’angoscia e nel sangue. Un tempo nei momenti di grande crisi si chiedeva aiuto a Dio con preghiere e processioni. Oggi serve ancora pregare? Il buon Dio è in grado di darci una mano per risolvere i nostri problemi? In caso contrario a che serve la preghiera? Le letture di oggi ci aiutano appunto a riflettere su questo tema. Nella prima lettura è riportato un racconto didattico riguardante l’efficacia della preghiera di intercessione; da essa risulta la grande misericordia di Dio che è disposto a perdonare una città peccatrice purché ci siano in essa almeno 10 giusti.

Nel brano del vangelo Luca riporta, come modello di preghiera il Padre nostro. In esso con le prime due domande chiediamo a Dio di attuare il suo progetto di salvezza; con le successive domande chiediamo di anticiparne l’attuazione mediante la solidarietà (il nostro pane quotidiano) e il perdono vicendevole. Successivamente Luca riporta due parabole riguardanti l’efficacia della preghiera e la necessità che essa sia costante e fiduciosa. La chiave di lettura si trova alla fine del brano: «Dio darà lo Spirito santo a quelli che glielo chiedono». Quindi la preghiera è efficace nella misura in cui si chiede lo Spirito santo, o meglio, nella misura in cui ci si apre alla sua azione. Lo Spirito Santo è Dio stesso in quanto è presente e opera in questo mondo. La preghiera quindi serve a renderci coscienti dell’opera di Dio nel mondo e a sintonizzarci con essa. Questa preghiera non può non essere esaudita.

Nel brano della lettera ai Colossesi scelto come seconda lettura si ritorna sul tema della misericordia di Dio che, mediante la croce di Cristo, ha dimostrato di essere disposto a perdonarci e ad accoglierci comunque e sempre.

In definitiva, pregare significa rivolgersi con fiducia a Dio, non per ottenere da lui quello c he vorremmo e non siamo capaci di procurarci, ma per capire come lui stia guidando le vicende di questo mondo, in modo da saperci adeguare alla sua volontà e collaborare con lui perché si attui. Aprendoci al piano di Dio la preghiera ci aiuta a liberarci del nostro egoismo e a ricercare un bene più grande, che riguarda l’umanità intera.