Tempo Ordinario C – 09 Domenica

La missione in un contesto di dialogo

Il tema di questa domenica è indicato dalla prima lettura, in cui Salomone, all’atto della consacrazione del tempio, chiede a Dio di ascoltare anche le preghiere che in quel luogo gli rivolgeranno non solo gli israeliti ma anche gli stranieri. Non bisogna dimenticare che costoro erano considerati normalmente come dei potenziali nemici, nei confronti dei quali bisognava difendersi. Questa lettura denota quindi un’apertura alla religiosità di altre popolazioni, la quale però veniva apprezzata solo se si rivolgeva al Dio dei giudei.

Anche nel brano del vangelo si nota la stessa apertura. Uno straniero, a capo per di più delle truppe di occupazione, si rivolge a Gesù per avere la guarigione di una persona cara. È sorprendente che il suo affetto fosse rivolto a uno schiavo, quindi a una persona che si situava all’ultimo gradino della scala sociale. La sorgente di questo affetto si può intravedere nell’umiltà del centurione, il quale non osa neppure recarsi personalmente da Gesù e tanto meno di riceverlo a casa sua. All’umiltà si unisce la sua simpatia per la religione giudaica, in favore della quale si è impegnato di persona. Infine egli dimostra una grande fede nella persona di Gesù, non solo nella sua capacità di fare miracoli ma anche nella sua parola e nel suo insegnamento. Gesù loda la sua fede e gli concede il miracolo richiesto. Abbiamo qui una valutazione positiva della sua religiosità, a prescindere dal fatto che fosse un simpatizzante del giudaismo. Secondo Luca Gesù le basi della missione ai gentili, portata a termine dagli apostoli dopo la sua risurrezione, aprendo anche ad essi le porte della Chiesa, il popolo eletto degli ultimi tempi.

Nel brano della lettera ai Galati Paolo difende il suo vangelo, in forza del quale i gentili dovevano essere accolti nella comunità cristiana senza dover prima sottoporsi all’osservanza della legge mosaica. Per Paolo è in gioco l’unicità di Cristo come salvatore di tutta l’umanità. Ritenere necessaria l’osservanza della legge come mezzo per ottenere la salvezza significava per lui negare il ruolo di Gesù come unico salvatore.

I primi cristiani hanno sostenuto, come i giudei, che Dio ha scelto un popolo (Israele, la Chiesa) e gli ha conferito la salvezza; ad essa anche gli altri popoli possono accedere solo entrando a far parte di questo popolo. Gesù invece dà una valutazione positiva della religiosità di un gentile, a prescindere da un suo possibile ingresso nel popolo di Dio. Oggi, in un nuovo clima culturale, bisogna ritornare all’intuizione di Gesù. L’idea di un’alleanza di Dio con un popolo o con una chiesa particolare fa parte del bagaglio mitologico di un’era passata. Oggi le religioni devono rispettarsi a vicenda e dialogare senza pretesi di superiorità l’una sull’altra, influenzandosi e fecondandosi a vicenda, alla ricerca del bene di tutta la società. In questa prospettiva la missione consiste non più nel convertire gli altri alla propria religione, ma nel far sì che i valori evangelici penetrino in tutti i settori della società.