Suicidio assistito
I vescovi italiani hanno preso posizione contro la pssibilità di legalizzare il suicidio assistito. Credo che sia dovere dei vescovi insegnare ai loro fedeli qual è il significato della vita umana e l’esigenza di accettare la vita come un dono di Dio fino alla fine. Naturalmente con la debita distinzione tra eutanasia e rinunzia all’accanimento terapeutico. Questo non significa però che lo Stato debba adeguarsi al punto di vista di una confessione religiosa. Il legislatore deve tener conto dei diversi punti di vista e consentire (non certo rendere obbligatorie) certe scelte che in determinati casi certe persone ritengono opportune e conformi alla dignità della persona umana. Certo i rischi non mancano, e la legge deve cercare di prevenirli nel migliore dei modi. Ma non può, per evitare i rischi, privare le persone di quelle possibilità che la ragione e la scienza consentono loro. Ci sono situazioni e momenti dell’esistenza umana in cui lo Stato e la Chiesa devono ritirarsi in rispettoso silenzio.
Credo che nessuno abbia il diritto di imporre ad un’altra persona una vita che gli è divenuta intollerabile e a cui già la natura avrebbe posto fine, se non ci si accanisse a prolungarla con sofisticati macchinari. Penso però che a monte si ponga il problema del labile confine che, con tutti i mezzi della moderna medicina, si viene a creare tra il naturale concludersi dell’esistenza e l’accanimento terapeutico. Credo che in molti casi sia davvero difficile per i medici prendere decisioni: quando sospendere le cure e lasciare che la natura faccia il suo corso? Quando, a fronte di intollerabili dolori, somministrare farmaci che probabilmente affretteranno una dolce morte? Sono interrogativi inquietanti a cui, penso, molti medici ogni giorno non possono sottrarsi, nei reparti di oncologia piuttosto che di terapia intensiva.
E’ certamente necessario tenere separate le posizioni della Chiesa e dello Stato … comunque nella Chiesa oggi non sono pochi i teologi, vedi Kung, che non ritengono sbagliato decidere in determinate situazioni di decidere di porre fine alla propria esistenza consegnandola a Dio. Non credo che in tal modo si neghi il significato della vita umana, il pensiero contrario mi sembra ancora legato alla teoria del sacrificio che, nella sostanza, credo superata dalla stessa dottrina.
Forse una Chiesa che si fosse posta principalmente il compito di trasmettere l’autentico messaggio evangelico interpretato alla luce dei tempi attraverso una coerente formazione dei suoi fedeli, non avrebbe bisogno di sentirsi in obbligo di intervenire ogni volta che lo Stato emette Leggi che non condivide.
Lo Stato dovrebbe essere libero da condizionamenti ecclesiastici, quando emette Leggi rispettose delle esigenze dei suoi cittadini.
Sarà compito del Cristiano cattolico autenticamente formato a una coscienza libera e rispettosa dell’altro, agire coerentemente, garantendo la libertà di tutti: credenti o non. I diritti degli altri dovrebbero essere rispettati, insieme ai nostri.