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Tempo Ordinario B – 20. Domenica

Una vita piena di significato

La liturgia di questa domenica invita a riflettere sul significato della vita. Nella prima lettura entra in scena la Sapienza che prepara un banchetto al quale invita gli inesperti con queste parole: «Abbandonate l’inesperienza e vivrete…». La sapienza è una metafora per indicare Dio stesso in quanto entra nelle vicende umane. E l’insegnamento che, attraverso il simbolo del pane e del vino, la sapienza elargisce agli inesperti è la capacità di vivere in modo saggio, mettendo al primo posto i valori fondamentali: la giustizia, gli affetti, il rapporto con gli altri.

Secondo l’evangelista Giovanni, Gesù si presenta come il pane disceso dal cielo e promette di donare pienamente, a chi mangerà il suo corpo e berrà il suo sangue, la vita promessa da Dio al suo popolo. Questa affermazione è stata intesa normalmente in riferimento a un’altra vita, che si ottiene dopo la morte mediante i meriti accumulati in questa vita; quindi solo la vita dopo la morte avrebbe la prerogativa di essere «eterna». Gesù invece promette questa vita eterna già in questo mondo. Egli quindi fa propria l’idea di vita espressa in tanti testi della Bibbia e si limita a sottolineare che è lui a donare questa vita a chi «mangia» il suo corpo e «beve» il suo sangue. Questa immagine significa simbolicamente l’adesione piena a lui e al suo insegnamento. Questo rapporto pervade tutta la vita del credente, ma trova un punto di riferimento nella celebrazione eucaristica, in cui il credente mangia il pane e beve il vino che sono il segno della sua presenza reale nella comunità. Questo incontro comunitario è all’origine di rapporti nuovi tra persone diverse che imparano a conoscersi e a rispettarsi, entrando così in un’ottica di solidarietà e di amore.

Anche nel brano della lettera agli Efesini c’è in primo piano l’esigenza di una vita che non sia da stolti ma da saggi. L’autore spiega che noi, per vivere, non abbiamo bisogno di droghe, come il vino, ma del dono dello Spirito santo, che rappresenta la presenza intima di Dio e di Gesù Cristo nei credenti, presupposto di un’autentica vita comunitaria.

Nel nostro mondo occidentale l’abbondanza dei beni materiali crea l’illusione che siano essi lo scopo della vita. Da ciò deriva lo sforzo per avere sempre più in soldi e generi di consumo, sacrificando per questo affetti, sentimenti e valori come la giustizia e la solidarietà. Ma così facendo non si dà un senso alla vita. Lo dimostra il senso di vuoto che sperimenta tanta gente e il ricorso a droghe di ogni tipo. Il vangelo ci invita a rientrare in noi stessi e a riscoprire la realtà suprema di un Dio che è mistero ma che ci invita, per mezzo di Gesù, a trovare il senso della vita nel rapporto con l’altro, chiunque egli sia.

Tempo Ordinario B – 13. Domenica

Una vita piena di significato

La liturgia di questa domenica propone di riflettere sul significato che ha la vita umana nella prospettiva ineludibile della morte. Nella prima lettura l’autore afferma che Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi. Secondo lui la giustizia è immortale e chi la pratica gode il privilegio dell’incorruttibilità; la morte è entrata nel mondo per invidia del diavolo e ne fanno esperienza solo quelli che sono dalla sua parte. La vera morte non è dunque quella fisica ma quella che è causata dal peccato che è mancanza di amore. Ma per vincere il peccato e godere di una vita piena è necessario accettare la propria morte, non solo quella finale ma anche le piccole morti quotidiane che consistono nell’accettazione del proprio limite.

Nel brano del vangelo si racconta in stretto collegamento l’uno con l’altro due miracoli di Gesù: la guarigione di una donna che soffriva da 12 anni di perdite di sangue e la risurrezione di una bambina, anch’essa di 12 anni. La donna soffriva non solo per la sua malattia ma anche a causa dell’isolamento a cui essa la costringeva in quanto causa di impurità: nonostante fosse viva era praticamente morta. Guarendola, Gesù la riporta a una vita piena. Ciò che provoca questo cambiamento profondo è la fede della donna. Anche la bambina è riportata in vita in forza della fede dei suoi genitori. Ma nei due casi di che fede si tratta? Gesù non pensa certamente alla fiducia nella sua capacità di fare miracoli e tanto meno all’accettazione di particolari dottrine, ma a un atteggiamento del cuore per cui uno è aperto a Dio, alla vita, all’amore e quindi a tutti gli esseri umani: è questa la fede che Gesù si attende come risposta al suo annunzio che ha per oggetto la venuta imminente del regno di Dio. Essa ci salva perché ci guarisce dall’egoismo e ci mette in una sintonia profonda con quelle realtà superiori che danno un senso alla vita. 

La seconda lettura mostra invece come Cristo, invece di ricercare onori e gloria, abbia accettato la povertà e i limiti della natura umana, e quindi la morte in croce, mostrando così in che cosa consista la vera gloria. Questa povertà, frutto di solidarietà, è quella che ci ha arricchito perché ci ha fatto scoprire i veri valori della vita. 

In passato si considerava la vita in questo mondo come una semplice parentesi nella quale è importante rinunziare a tante cose in vista della beatitudine eterna del paradiso. Ora non è più così. Siamo diventati consapevoli che la vita è importante in se stessa, ma soltanto se ha senso. Questo senso si scopre solo se si accetta la propria morte riconoscendosi come creature limitate e bisognosa dell’Altro e degli altri e quindi capaci di donarsi in un atteggiamento di amore sincero. Chi non accetta la propria inevitabile fine precipita nell’egoismo e nella disperazione.  

Tempo di Quaresima B – 5. Domenica

Il mediatore della nuova alleanza

Il tema di questa liturgia si coglie dal confronto tra la prima lettura, in cui si parla della nuova alleanza, e il vangelo, in cui si presenta il Cristo che, mediante la morte di Cristo è diventato il mediatore della salvezza. La nuova alleanza, che Dio sta per concludere con il suo popolo dopo l’esilio, si basa come la precedente su una legge, ma non su quella scritta su pietre, bensì su quella scritta nei cuori. Una legge che indica obblighi e regole non è sufficiente per garantire un rapporto stabile con Dio e un’autentica vita sociale. Ciò che è importante è il cuore dell’uomo, cioè le sue scelte e i suoi valori. Perciò Dio parla al cuore, lo trasforma, lo rinnova. L’uomo esprime la sua dignità solo quando opera col cuore, per amore. Solo se arriva al cuore un messaggio può porre portare una salvezza vera.

Nel brano del vangelo si racconta di quei greci che vorrebbero vedere Gesù. Ma l’evangelista, invece di raccontare ciò che Gesù ha detto loro, riporta una serie di detti che indicano il senso della sua morte ormai prossima. Egli afferma che il seme buttato in terra, per portare frutto, deve prima morire. Solo chi è capace di dare la sua vita può portare buoni frutti. Quando egli sarà innalzato sulla croce attirerà tutti a sé. Perciò è venuto il momento in cui il principe di questo mondo sarà gettato fuori. Gesù non ha dato nuove leggi o prescrizioni ma si è messo lui stesso in cammino e ha coinvolto i suoi discepoli in una ricerca di Dio che si attua mediante un rapporto personale con i propri simili. Per rifare l’alleanza con Dio, sulla quale si basa l’alleanza tra umani, bisogna essere disposti a dare la propria vita per gli altri. Solo così egli vince il principe di questo mondo, cioè il male che pevade l’umanità, e qttir tutti a sé.

Nella seconda lettura si dice che Gesù nella passione ha pregato per essere liberato dalla morte ed è stato esaudito. Sappiamo che in realtà Gesù è morto, ma ha vinto la morte, perché ha saputo affrontarla con coraggio per realizzare un bene che riguarda tutti. Solo chi non ha paura della morte può impegnarsi per un mondo migliore che lui stesso già pregusta nella misura in cui si impegna per realizzarlo.

La salvezza non viene da una legge, ma da una scelta di vita che parte dal cuore. Gesù ci ha dato l’esempio mettendosi dalla parte degli ultimi e vincendo la paura della morte che questa scelta comportava. Purtroppo si tratta di un percorso difficile, cosparso di ostacoli e di delusioni, ma l’unico che può dare un senso alla vita.