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Tempo Ordinario C – 06. Domenica

La vera felicità

La liturgia di questa domenica propone alla nostra riflessione un tema molto importante, quello della felicità a cui ognuno di noi aspira. Nella prima lettura il profeta Geremia fa consistere la vera felicità nel confidare nel Signore e non nell’uomo, cioè in se stessi, nelle proprie capacità e in quello che gli altri possono darci. In altre parole, il potere, la gloria, i soldi, il sesso non danno felicità.

Nel brano del vangelo lo stesso tema viene ripreso da Gesù il quale, secondo l’evangelista Luca, indica concretamente chi è veramente felice. Il suo punto di vista è paradossale: sono felici proprio quelle persone che noi riteniamo massimamente infelici: i poveri, gli affamati, coloro che piangono, cioè coloro che appartengono alle classi sociali più umili e diseredate. E ad essi Gesù aggiunge coloro che sono perseguitati per la fede in lui. E per rendere più efficace questo messaggio Gesù aggiunge altrettanti guai rivolti a chi è ricco, a chi ha fame a chi ride e a colui di cui tutti dicono bene: per loro non c’è felicità. Una posizione così radicale si capisce solo nella prospettiva della venuta ormai imminente del regno di Dio, in cui gli ultimi saranno i primi. Luca però doveva fare i conti con il fatto che al suo tempo, parecchi anni dopo la morte di Gesù, la venuta del regno di Dio non sembrava più così imminente. Egli lo sapeva, ma era certo che il messaggio di Gesù, anche in questa nuova situazione, conservava tutta la sua importanza. Certo Gesù non poteva dichiarare beati quelli che soffrono di una povertà estrema; per lui piuttosto sono felici coloro che si mettono dalla loro parte, rinunziando in misura più o meno grande ai loro privilegi per porre le basi di un mondo più giusto e fraterno.

Nella seconda lettura Paolo sposta l’attenzione alla fine dei tempi: un giorno i morti risorgeranno insieme a Gesù, il primo dei risorti, che ha garantito ai suoi discepoli la possibilità di partecipare un giorno alla sua risurrezione. Ma la risurrezione di Gesù opera fin d’ora nei credenti conferendo loro già in questa vita una grande felicità, quella vera, che ha la sua sorgente nell’amore.

Alla luce di tutto l’insegnamento biblico, risulta chiaro che Gesù non rifiuta il possesso dei beni materiali con tutto ciò che comportano, ma il fatto di fondare su essi la propria sicurezza, facendo di essi il fine della propria vita. Tutti i beni di questo mondo diventano sorgente di felicità solo se sono condivisi: chi infatti li cerca non per se stesso, ma per goderne insieme a tutti i fratelli, mette la propria sicurezza non nelle cose materiali ma in quel Dio, che si manifesta nella giustizia e nella fraternità.