Lettere paoline
Le lettere di Paolo non hanno nulla in comune con gli scritti di un teologo che elabora a tavolino le sue dottrine. Dopo aver fondato nel mondo ellenistico numerose e fiorenti comunità cristiane, egli contribuì alla loro crescita nella fede inviando loro alcune lettere. Queste si presentano dunque come scritti «occasionali», in quanto sono state concepite in funzione di occasioni concrete. Tuttavia non si può parlare di documenti privati, perché erano indirizzate a comunità cristiane e dovevano essere lette in pubblico. Verso la fine del secolo I d.C., esse furono raccolte nell’epistolario che porta il suo nome. Esso abbraccia tredici lettere, delle quali però solo sette sono state sicuramente composte da lui. Esse sono secondo un probabile ordine cronologico: 1Tessalonicesi, 1-2Corinzi, Filippesi, Filemone Galati e Romani. La più antica è quella da lui inviata alla comunità di Tessalonica, quando era impegnato nell’evangelizzazione di Corinto. Le altre videro la luce a Efeso e dintorni, durante il secondo viaggio missionario (At 19,1–20,3). In questo periodo, Paolo è stato fatto oggetto di attacchi alla sua persona e al suo insegnamento. Essi erano provocati in gran parte da altri predicatori cristiani più legati al giudaismo e alla legge mosaica (giudaizzanti), che in qualche modo facevano riferimento alla chiesa di Gerusalemme. Paolo ha reagito con forza ai suoi avversari, ma al tempo stesso ha fatto di tutto per evitare il rischio di rompere i ponti con la Chiesa madre. A tal fine ha indetto fra le sue comunità una colletta, il cui ricavato è stato portato da lui stesso a Gerusalemme alla fine del terzo viaggio missionario.
Nelle sue lettere, Paolo fa proprio il formulario epistolare dei suoi tempi, adattandolo però al suo scopo specifico. Egli inizia con un prescritto, nel quale sono indicati il mittente e i destinatari, ai quali è rivolta poi un’espressione di saluto. Tra il saluto e il corpo epistolare, Paolo introduce un «ringraziamento» a Dio, che varia a seconda delle situazioni. Ogni lettera termina con un poscritto. Nelle sue lettere, Paolo rivela il suo talento di teologo e scrittore, ma soprattutto manifesta il suo vero carisma: la missione.
La critica letteraria moderna ha messo in luce come sei lettere dell’epistolario paolino, composte e inviate a nome dell’Apostolo, non siano effettivamente opera sua. Esse sono: 2Tessalonicesi, Colossesi, Efesini 1-2Timoteo e Tito. Esse sono chiamate perciò «deuteropaoline»: la loro composizione è attribuita alla «scuola paolina», cioè a quei lontani discepoli dell’Apostolo che, alla fine del I secolo d.C., hanno curato la raccolta e la redazione del suo epistolario. Il loro scopo è quello di dare un’interpretazione retrospettiva delle lettere autentiche di Paolo alla luce delle concezioni tipiche delle loro comunità, a volte correggendo quanto egli aveva scritto, a volte attribuendogli idee nuove, in polemica con altri cristiani di orientamento diverso.
Nelle sue lettere autentiche Paolo affronta si rivolge a giovani comunità i cui membri hanno accettato Gesù come messia e basano su questa fede i loro rapporti interpersonali. Il problema fondamentale che essi si trovano a dover affrontare è quello dei rapporti con il giudaismo, che rappresenta la loro matrice religiosa, e in modo più specifico quello dell’osservanza della legge mosaica. Paolo va alla radice del problema mostrando, in opposizione a coloro che volevano imporre ai credenti in Cristo la pratica della legge mosaica, come la giustificazione, cioè il passaggio da una situazione di peccato alla giustizia, cioè alla riconciliazione con Dio, si attui non tramite l’osservanza di una legge ma mediante la fede in Cristo. Se a cristiani provenienti dal giudaismo non si può proibire che essi continuino a praticare i loro costumi, questi non devono essere imposti ai gentili che sono diventati cristiani, perché ciò metterebbe in pericolo il ruolo di Cristo come unico salvatore.
Alla luce di questa dottrina Paolo affronta i problemi specifici che riguardano la vita delle comunità da lui fondate, dando loro direttive che riguardano le assemblee comunitarie e la vita morale dei singoli cristiani. I suoi interventi mostrano come la struttura di queste comunità fosse ancora in gran parte fondata su una collaborazione spontanea di tutti, determinata dai carismi di ognuno, senza uffici istituzionali o regolamenti prestabiliti. La preoccupazione fondamentale dell’Apostolo è quella che si instauri fra i cristiani una vera fraternità che vada al di là delle differenze economiche, sociali e di genere. Sullo sfondo c’è l’attesa del ritorno imminente di Gesù a cui i cristiani devono essere preparati.
Le lettere deuteropaoline rispecchiano invece un periodo storico successivo a quello di Paolo. Ormai si è attenuata l’attesa della parusia imminente e a quelli che erano un tempo gli oppositori di Paolo, succedono ora le prime eresie che rischiano di lacerare profondamente il tessuto delle comunità. In questo contesto si accentua l’esaltazione di Cristo, a cui è attribuito un ruolo cosmico che i credenti devono riconoscere per ottenere la salvezza. Anche Paolo è idealizzato come maestro di vita cristiana e organizzatore di comunità. Le implicazioni della vita cristiana sono indicate nei codici familiari, nei quali i rapporti sono improntati a una concezione gerarchica, in forza della quale quelli che appartengono a un gradino inferiore devono sottomettersi a chi ha compiti e responsabilità superiori.
All’interno della Chiesa si fa strada la forma di governo presbiterale, in forza del quale ogni comunità da un consiglio di presbiteri (anziani), chiamati anche episcopi (sorveglianti), i quali governano in modo collegiale la comunità, affiancati da altri ministri chiamati diaconi (servitori). La Chiesa si prepara così ad affrontare le sfide di una società spesso ostile nei confronti del messaggio evangelico.
Lettera ai Romani
1 Lettera ai Corinzi
2 Lettera ai Corinzi
Lettera ai Galati
Lettera agli Efesini
Lettera ai Filippesi
Lettera ai Colossesi
1 Lettera ai Tessalonicesi
2 Lettera ai Tessalonicesi
Lettere a Timoteo e a Tito
Lettera a Filemone – Conclusioni
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