Mese: Novembre 2020

Avvento B – 2. Domenica

Un percorso di liberazione

La prima lettura, citata anche nel brano del vangelo, indica la liberazione come tema di questa seconda domenica di Avvento . Infatti nel brano del Deutero-Isaia il profeta proclama ai giudei esuli in terra di Babilonia un lieto annunzio: Dio ha posto fine alla loro schiavitù e, come fa un pastore con il suo gregge, li guida attraverso il deserto verso la terra promessa. Come nell’esodo dall’Egitto, un gruppo di sbandati, mentre affrontano insieme gli ostacoli apparentemente insormontabili che si frappongono al loro cammino, ritrovano la loro identità di popolo. Tutto sembrava perduto, invece la vita riprende più rigogliosa che mai.

Nel brano del vangelo Marco racconta la comparsa di Giovanni il Battista, presentandolo come il precursore di Gesù. Giovanni annunzia l’arrivo di uno più forte di lui, al quale non è degno di sciogliere i legacci dei calzari. Per andargli incontro in modo degno egli indica tre condizioni: conversione, confessione e battesimo. La conversione, nel linguaggio biblico, non significa né cambiare religione né cambiare vita, ma un «ritornare al Signore» che, nella lingua greca, viene interpretato come «cambiare mentalità». La confessione dei peccati significa riconoscere pubblicamente i propri limiti, i propri errori, con la disponibilità a cambiare il proprio comportamento.Il battesimo infine è un segno della purificazione interiore che ne consegue.Giovanni sceglie come luogo della sua predicazione proprio il deserto, perché è in esso che si era attuata la liberazione di Israele, sia nell’esodo dall’Egitto che nell’uscita dall’esilio babilonese. Egli è vestito, come gli antichi profeti, di peli di cammello, cioè è privo di qualsiasi interesse umano. La scena indica un percorso di liberazione, in attesa di una svolta nella storia dell’umanità: la venuta di un mondo migliore al quale ci si prepara mediante una trasformazione dei cuori. In questa descrizione l’evangelista anticipa in modo simbolico quello che sarà l’annunzio del regno di Dio, che costituisce il centro del vangelo di Gesù.

La seconda lettura mette in luce l’ostacolo più grande che si frappone a questo percorso di liberazione. I tempi si allungano, sembra che Dio tardi, si fanno sentire la delusione, la mancanza di senso, l’impotenza, che comportano la tentazione di abbandonare l’impresa. L’autore del brano risponde che i tempi di Dio non sono i tempi dell’uomo. Dio ha pazienza perché le vere trasformazioni non avvengono improvvisamente, magari con un intervento violento. Solo con la pazienza si costruisce qualcosa di nuovo che trasforma il mondo.

Credere non vuol dire aspettarsi dei cambiamenti repentini nella storia di questo mondo, ma piuttosto essere convinti che Dio opera nel silenzio dei cuori e realizza quello che ha promesso, servendosi anche del poco o tanto che ciascuno di noi è riuscito a fare. Perciò la fede dà la possibilità di ricominciare sempre da capo, sapendo che solo un impegno attivo e non violento porterà il cambiamento dei cuori e di riflesso anche delle strutture di questo mondo. 

Avvento B – 1. Domenica

Vigilanza e ricerca di Dio

La liturgia di questa domenica ha come tema la vigilanza, in quanto comporta una costante ricerca di Dio. La prima lettura si apre con un’accorata confessione dei peccati del popolo. Secondo la mentalità degli antichi profeti, le disgrazie sono la conseguenza della lontananza di Dio, causata dai peccati del popolo. Perciò il profeta si rivolge a Dio con questa invocazione: «Se tu squarciassi i cieli e discendessi!». Ciò si verifica quando l’uomo si rende conto, a partire dall’esperienza personale e di tutto il popolo, che Dio non abbandona mai la sua creatura, neppure quando sbaglia.

Nel brano del vangelo si parla della vigilanza che il discepolo di Gesù deve esercitare in attesa della sua venuta. In questo testo si rispecchia l’attesa del ritorno di Gesù che secondo i primi cristiani era imminente. Essi pensavano che Gesù avesse già inaugurato il regno di Dio, ma solo al momento del suo ritorno lo avrebbe attuato pienamente. Siccome questo evento non si era realizzato e non se ne prevedeva una realizzazione a breve scadenza, nasce il tema della vigilanza che significa non abbassare mai la guardia e non lasciarsi prendere dallo scoraggiamento e dall’indifferenza.

La seconda lettura mette in luce l’importanza per una comunità cristiana di aspettare il ritorno di Gesù mediante l’esercizio dei doni ricevuti da Dio per mezzo suo. I credenti in Cristo sono ben equipaggiati per il tempo dell’attesa e Dio stesso si incarica di mantenerli irreprensibili.

Dio è presente, ma è nascosto e a volte sembra lontano e incapace di venire incontro ai bisogni di coloro che credono in lui. Questa sensazione provoca spesso delusione e stanchezza, specialmente quando sopravvengono le prove della vita. In queste circostanze la vigilanza consiste in una costante ricerca di Dio, con la convinzione che Dio non abbandona mai coloro che credono in lui. Ciò esige però che ci si aspetti da Dio non la liberazione dalle sofferenze della vita ma la capacità di servirsene per la ricerca di un bene più grande.

Cristo Re A

Il giudizio finale

Il tema di questa celebrazione liturgica è quello del giudizio finale. Nella prima lettura Dio è presentato come giudice in quanto pastore del gregge. Questa immagine contiene una forte protesta contro i capi di Israele, immaginati come pastori che hanno portato il gregge alla rovina. Perciò Dio interviene mettendosi lui stesso a capo del gregge. Egli svolge il compito di giudice perché è il pastore del gregge ed è interessato unicamente al bene delle sue pecore.

Nella parabola del vangelo viene presentata l’immagine del giudizio, nel quale è Gesù che svolge il ruolo di pastore e di giudice.La scena riguarda gli ultimi tempi. Allora Gesù separerà i buoni dai cattivi. I buoni sono coloro che, a qualunque nazione o religione appartengano, hanno avuto misericordia per gli affamati, gli assetati, gli stranieri, i poveri, i malati, i prigionieri. In tutti costoro essi, pur senza conoscerlo, l’hanno incontrato. La fine dei tempi, come la fine di ciascuno, è un buon punto di osservazione per valutare la situazione presente. Quando ormai tutto sta per essere perso, si capisce che l’unica cosa importante è la misericordia e l’amore fraterno verso i poveri e i bisognosi. In questo consiste la salvezza di una persona e di tutta la società. Ma che cosa Gesù si aspettava da quelli che così l’hanno incontrato? La parabola suggerisce alcuni verbi: dar da mangiare, accogliere, vestire, visitare. Indicano opere di misericordia rivolti alla persona in quanto tale. Questo aspetto è molto importante, perché l’amore non si nutre di belle parole ma di rapporti personali che coinvolgono tutta la persona, anima e corpo.

Anche nella seconda lettura Gesù viene immaginato come un re che ha ottenuto il trono, ma deve ancora vincere del tutto le potenze nemiche, prima di consegnare il regno al Padre. Questa immagine mette in luce un aspetto complementare a quello segnalato nel vangelo: l’amore per gli ultimi non è vero e adeguato se non mette in questione i poteri che determinano miseria e sfruttamento di una parte così grande di popolazione.

L’incontro con Gesù è determinante per la salvezza di tutti. Ma questo incontro non avviene semplicemente all’interno di una comunità. Gesù infatti è presente nei poveri e nei diseredati, nei quali ciascuno può incontrarlo, anche senza una specifica vita religiosa. Oggi si sente la necessità di eliminare le cause del disagio sociale: la ineguale distribuzione dei beni, le carceri sovraffollate, la crisi del mondo giovanile, il commercio internazionale, la vendita di armi. Ciò è molto importante, ma il nemico da sconfiggere è prima di tutto dentro di noi e si sconfigge solo condividendo la sorte degli ultimi di questo mondo.